Volevo andare a vedere Stardust ma alla fine, per problema di orari, andrò a vedere questo. Domani vi racconterò come è..
TRAMA
Abbiamo perso il conto di quante volte Matt Damon è stato un agente CIA o FBI. Nel ruolo di Jason Bourne poi è alla terza prova. L’agente della CIA programmato per uccidere, senza memoria di se ma con una gran voglia di vendicarsi della sua donna morta ammazzata e di chi gli ha rovinato la vita, arriva a The Bourne Ultimatum dopo The Bourne Identity e The Bourne Supremacy. Dal secondo episodio ha preso in mano l’operazione Paul Greengrass, regista inglese di lucida determinazione (vedi United 93), con una passione smisurata per la camera a mano. Così mentre si svolge la trama di Tony Gilroy, ogni tanto ci viene il mal di mare. Ma gli elementi dell’intreccio sono centellinati così bene che si arriva in fondo con la voglia di sapere come va a finire. Anche se poi nulla sembra chiuso veramente: morto un capo se ne farà un altro. E di Bourne forse ne sentirete parlare ancora.
Spostandosi da Mosca (in realtà Berlino) a Torino (dove c’è come al solito una gola profonda), Madrid, Londra, New York e Tangeri, l’agente Bourne se la cava grazie all’astuzia e a due donne che lo desiderano da lontano. Elimina i segugi che lo devono finire, salva la vita all’agente Nicky Parsons (Julia Stiles) che tradisce per lui e mette nel sacco i vertici della CIA grazie alla soffiata di Pamela Landy (Joan Allen), che dell’agenzia non sopporta certe pratiche troppo sbrigative. Hai voglia a ripeterle che il suo reparto “è la parte appuntita del bastone”/CIA. Molte riprese dall’alto, con lo sguardo dell’intelligence che fruga nella vita di chiunque a qualsiasi latitudine, mirabolanti inseguimenti tra la folla, combattimenti alla ninja tune ben costruiti (ma Bourne ha il vantaggio di essere invincibile), montaggio furioso di Christopher Rouse, che moltiplica l’instabilità delle riprese a spalla e on the road di Greengrass. Che ormai è il regista della macchina da presa lanciata oltre l’ostacolo.
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