Hanno gonfiato e sgonfiato alcuni topolini, facendo apparire il grasso e poi facendolo svanire. Detto così sembra quasi un torbido miracolo da laboratorio. E infatti la conclusione - annunciata dai ricercatori della Georgetown University su «Nature Medicine» online - è che si spalanca una «possibile rivoluzione nella chirurgia estetica e in quella ricostruttiva e, naturalmente, anche nelle terapie delle malattie associate all’obesità».
E’ ancora più naturale che chi sentirà queste parole enfatiche sollevi il sopracciglio. Le ricerche sull’obesità rappresentano ormai un disorientante universo a sé, per quantità e per interessi mobilitati. E le scoperte vere non riescono a tenere il passo con annunci sempre più straordinari e ultimativi (mentre, guarda caso, il numero dei pancioni non fa che crescere, con cifre da pandemia). Ma, stavolta, Sofia Zukowska e il suo team non hanno certo torto a esultare.
Studiando i meccanismi che inducono chi è sotto stress a ingrassare oltre il dovuto, hanno osservato che un neurotrasmettitore già noto - l’NPY - gioca un ruolo strategico, e molto al di là di quanto già si sapeva. Sia l’NPY sia il suo recettore - chiamato Y2R - si attivano infatti in due tipi di cellule del tessuto adiposo, vale a dire in quelle endoteliali che producono i vasi sanguigni e in quelle del grasso vero e proprio. Ecco il nocciolo di tutto.
Grasso mirato
A chi non è del mestiere alla Georgetown danno anche una spiegazione più concreta. Per verificare se fosse possibile far ingrassare i topolini «a richiesta», e quindi in punti determinati del corpo, il gruppo della celebre università di Washington D.C. ha cominciato a iniettare l’NPY negli animali. Indotte a vivere in uno stato di stress cronico, le piccole cavie sono rapidamente aumentate di peso, assumendo la tipica forma a mela degli umani, con il grasso che si accumula intorno alla vita, e allo stesso tempo ammalandosi di sindrome metabolica, un’insidiosa combinazione di patologie che va dall’ipertensione al diabete. Poi è seguita la fase numero 2: nel grasso addominale si è iniettato l’Y2R, che ha subito invertito il processo, bloccando sia la sindrome sia la crescita di dimensioni. «Non pensavamo che fosse possibile rimodellare il grasso in questo modo - ha commentato Zofia Zukoska -. Ma in quattro anni abbiamo eseguito numerosi test che hanno dimostrato che, almeno nei topi, e anche nelle scimmie, come sta dimostrando uno studio pilota, esiste questo meccanismo».
Ora la speranza è riuscire a tenere a bada la famosa sindrome, che è la minaccia maggiore per i ciccioni di tutto il mondo. Riducendo il grasso addominale nei topi, si è constatato che si riesce a controllare meglio l’insulinoresistenza, la pressione sanguigna, l’intolleranza al glucosio e le infiammazioni nei vasi sanguigni, oltre che a limitare le degenerazioni di molti organi a partire dal fegato. E, d’altra parte, i chirurghi plastici potranno rimodellare facilmente i loro pazienti, con l’ago di una siringa piuttosto che con il bisturi. La ricerca, quindi, continua: presto al posto dei topini ci saranno gli umani.