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Accadde in una notte

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    Grado 6
    00 29/10/2009 13:01

    A grande richiesta ecco un'altra short story [SM=x132411]



    ACCADDE IN UNA NOTTE



    Priscilla aprì gli occhi. Per un attimo le parve che ogni cosa intorno girasse, ma quando spalancò gli occhi di un verde armonioso, tutto era composto e tranquillo. Troppo tranquillo. Non si udiva un solo rumore provenire da nessuna parte. Nella stanza non c’era che una minuscola finestra che mostrava il cielo, facendo penetrare i tiepidi raggi di sole che stava ormai tramontando. Cercò di alzarsi in piedi, ma il dolore provocato da una forte stretta alle caviglie, la immobilizzò.
    Era stata legata come un sacco di patate, mani e piedi dietro la schiena, seduta in un angolo della stanza che stava per essere inghiottita dal buio della notte. Ma cos’era accaduto? Dove si trovava? E perché soprattutto?
    Nel porsi quelle domande, ancora intontita, udì dei passi salire le scale. Un giovane di bell’aspetto, bruno con gli occhi nocciola, aprì la porta che si trovava di fronte a lei, a distanza di almeno tre metri.

    - Ti sei ripresa? – la fissò con sguardo freddo, mentre si avvicinava con un vassoio pieno di pietanze.
    - Dove…sono? – chiese, con voce affaticata e stordita.
    - Non ha importanza, credo… o sì? Volevi che fosse un segreto, no? Quindi tale resterà. Ti ho portato qualcosa da mangiare. Ti piace il polpettone? – ma il suo volto era freddo e scostante, quasi non stesse parlando con lei.
    - Cosa stai dicendo? Non capisco… - era frastornata, le dolevano le gambe e le braccia per la scomoda posizione in cui era stata probabilmente per lungo tempo e non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo.
    - Forse ti abbiamo somministrato troppi sedativi … - sospirò il ragazzo. – Lo avevo detto a Nigel di andarci piano, ma non mi ha dato retta. Allora non ti ricordi che sei stata tu a chiederci di rapirti? – la guardò con aria interrogativa, scrutandole gli occhi, fin dentro l’anima.
    - Come? – si sentì imbarazzata per quello sguardo così penetrante, ma non poteva lasciarsi imbambolare. Aveva appena scoperto di essere stata rapita. Era uno scherzo? – Aspetta un attimo! Quando mai io ti avrei chiesto di rapirmi? Di cosa parli? E poi… tu chi sei? – gli urlò contro, incapace di pensare razionalmente.
    - Mi chiamo Manuel, questo ti basti. – rispose brusco. – Non hai chiesto a me di rapirti, ma al braccio destro di tuo padre. O non ti ricordi più nemmeno che hai una storia con lui? – lo sguardo era severo e pieno di disprezzo.
    - Ma di che parli? Io non ho una storia con nessuno! E poi mio padre non ha nessun braccio destro! Non ho mai chiesto a nessuno di rapirmi, tanto meno a qualche sconosciuto! Perché mai avrei voluto una cosa simile?
    - Perché? – chiese, osservandola di sottecchi. – Perché vuoi i soldi del risarcimento, per scappare con il tuo uomo, ovvio! Tuo padre non vi permetterebbe mai di sposarvi. Avete inscenato tutto per farvi dare un sacco di soldi e potervene scappare in chissà quale remoto posto della terra per convolare a nozze!
    - Tu stai farneticando! Parli di cose assurde! Io non ho mai avuto intenzione di sposarmi con nessuno! Deve esserci stato un errore tremendo! Per chi mi hai presa? Lasciami subito andare!
    - Smettila di fare i capricci, Elaine! Tra poco arriverà Nigel e avrete tutto il tempo per parlare e discutere della cosa tra voi. Non mettere in mezzo anche me. Io sono qui solo su suo ordine. Allora, mangi o no?
    - Tu sei pazzo! – gli inveì contro con disprezzo. – Come puoi pensare io abbia fame in un momento simile? Avete preso un grosso abbaglio, io non mi chiamo Elaine!
    - Taci. Le tue urla isteriche mi danno sui nervi!
    - Ma come ti permetti? Mi stai ascoltando almeno? Ho detto che non sono quella che credi tu!
    - E chi saresti allora? Claudia Shiffer? – il suo tono sarcastico le fece comprendere che non le avrebbe mai creduto. – Se non hai voglia di mangiare è un problema tuo. Io non intendo farti da balia. Arrangiati se ti viene fame!
    - No, aspetta! – lo supplicò. – Tu devi liberarmi! Non posso stare qui, non hai il diritto di tenermi prigioniera!
    - Prigioniera? – si voltò verso di lei con un ghigno malizioso. – Prigioniera d’amore, vuoi dire. Non sai quanto Nigel attendesse questo momento e tu ora vuoi rovinare tutto? Hai forse cambiato idea? Lui vuole sposarti e non rinuncerà mai a questo amore. Fattene una ragione, se davvero lo ami anche tu! – disse con disprezzo, per poi uscire dalla stanza, senza aggiungere altro.

    Manuel era confuso. Elaine avrebbe dovuto fare i salti di gioia che il piano fosse andato a meraviglia e che finalmente avrebbe rivisto Nigel per potersi sposare con lui. Allora perché continuava ad affermare che non era vero, che aveva preso un abbaglio e addirittura che lei non era Elaine? Da come l’aveva descritta Nigel, si trattava di una ragazza semplice, con i capelli lisci e di media lunghezza, colore dell’oro. Avrebbe dovuto indossare un cappotto nero e degli stivali e si sarebbe fatta trovare davanti alla stazione dei pullman dove tutti avrebbero visto la scena, in modo da poter ricorrere immediatamente all’espediente del riscatto. Quella ragazza era identica alla descrizione del suo amico, inoltre si trovava al posto esatto nel momento esatto. Allora perché era così inviperita e lo accusava di cose assurde? Diceva di essere prigioniera. Ma non erano forse questi i patti? Sarebbe rimasta legata fino all’arrivo di Nigel. Adesso invece voleva essere liberata. Che avesse cambiato idea nel giro di poche ore? E dov’era finito l’amore per Nigel e il desiderio di sposarlo a qualunque costo?
    Decise di non mettersi strane preoccupazioni per la testa. Forse Elaine era sconvolta perché Nigel non era ancora arrivato e non voleva restare sola in un momento simile. Si allontanò in tutta fretta, scendendo le scale e dirigendosi in cucina. Mancava solo mezz’ora e Nigel sarebbe arrivato con i soldi per fuggire via insieme a lei. Certo, doveva ammettere che Elaine era bellissima per avere solo diciotto anni. Ecco perché Nigel era sempre stato così geloso di lei, al punto che non aveva voluto mostrare mai a nessuno una sua fotografia. Ma le indicazioni che gli aveva fornito erano chiare e queste bastavano per inscenare un rapimento. Elaine era stanca di farsi dire cosa doveva e non doveva fare dal padre e, quando lui aveva deciso per lei l’uomo con cui avrebbe dovuto unirsi in matrimonio, non ci aveva più visto. Era fuggita di casa, in preda alla collera e alla disperazione. Erano due anni che aveva una storia segreta con Nigel, il braccio destro di suo padre, ottimo negli affari e compagno fedele. Ma non era ricco. Non era figlio di avvocati o di persone altolocate e questo era uno smacco per Gregor, padre di lei, presidente di una compagnia petrolifera e socio in affari di un uomo in gamba, il cui figlio era destinato a sposare la sua unica erede. Ma non aveva fatto i conti con i suoi sentimenti.
    Manuel guardò l’orologio. Mancavano ancora pochi minuti. Decise di tornare in soffitta e vedere ancora una volta Elaine.
    Non sapeva spiegarsi perché, ma il cuore gli batteva forte. Possibile che una ragazzina lo mettesse in tale agitazione?
    Ma doveva tenere bene a mente che era la donna di Nigel e che questa situazione per loro era l’ultima carta da giocare.

    - Sei sveglia? – chiese, trovando il coraggio di entrare dopo alcuni istanti di indecisione.
    - Come pretendi che riesca a dormire con questo senso di angoscia che provo? – rispose, quasi in lacrime.
    - Perché fai così, adesso? – le chiese, avvicinandosi a lei per confortarla, mostrandosi stranamente più affabile e comprensivo. – Non sei contenta che puoi rivedere Nigel? Ormai dovrebbe essere qui. Ancora un attimo di pazienza e potrete fuggire via per coronare il vostro sogno.
    - Tu non capisci niente! – gli rinfacciò. – Io non so nemmeno chi sia quest’uomo e tu me ne parli come se dovessi dipendere interamente da lui! Ma ora ci sei tu qui, no? E’ di te che ho bisogno! Liberami! – gli urlò contro con una tale rabbia, che lo fece trasalire. Non aveva mai conosciuto una donna più temeraria di quella.
    - Elaine, ti prego… - il suo tono era dolce e premuroso.
    - Io non mi chiamo Elaine! – sbottò – Quante volte ancora dovrò ripeterlo? – ora le lacrime cominciarono a scendere, incessanti. Era stanca, frastornata, legata con delle corde che le facevano male e la sua situazione non era delle migliori, rapita da degli sconosciuti che non l’avrebbero lasciata andare se non fossero stati certi che lei non era la persona che cercavano.

    Manuel la strinse a sé. Priscilla poteva sentire il battito del suo cuore da quanto era frenetico. Restò con il volto appoggiato al suo petto, senza più dire una parola, incapace di parlare, di piangere e anche di respirare, forse. Ma poteva sentire il suo profumo, così forte e deciso, proprio come era lui. Adesso, tra le sue braccia, l’angoscia stava scomparendo, lasciando posto a una strana serenità. Perché si sentiva così? Manuel era un perfetto sconosciuto che fino a pochi minuti prima l’aveva trattata con una freddezza agghiacciante, tanto da sembrarle che volesse ucciderla. Ora non ne era più così sicura. Si stava mostrando protettivo e dolce. Chi era Manuel in realtà?

    - Va meglio adesso? – le chiese, trovando la forza di allontanarla nuovamente, per guardarla negli occhi. Non avrebbe dovuto farlo. Quello sguardo era pieno di sentimenti contrastanti che non riusciva a nascondere. E lui se ne era accorto. Non sapeva nemmeno perché l’aveva abbracciata, ma sapere che quel gesto non le era stato indifferente, lo aveva preso alla sprovvista. Non era possibile. Elaine non amava Nigel più della sua vita?
    - Sto… sto bene. – rivelò, distogliendo da lui lo sguardo, che la scrutava con troppa insistenza, tanto da imbarazzarla come fosse una bambina a cui le viene fatto un innocuo complimento. – Vorrei solo non essere legata come un salame. – gli confessò.
    - Sì, hai ragione, dopo un po’ quella posizione è scomoda. – dovette ammettere. – Strano che Nigel tardi ad arrivare. Doveva già essere qui per portarti via con sé. Speriamo non sia successo nulla.
    - Manuel, ti prego… devi ascoltarmi… se non credi alle mie parole, guarda almeno dentro la mia borsa. Ci sono tutti i miei documenti e il mio cellulare. Io non sono quella che credi. Mi chiamo Priscilla Huston. – ammise, con voce dolce e pacata, nel tentativo di farlo ragionare, senza che lui potesse arrabbiarsi.
    - Ho una brutta notizia per te. – la osservò, rammaricato. – Al momento del rapimento ti agitavi così tanto che la borsetta ti è caduta e non ho fatto in tempo a raccoglierla. Ci stavano guardando tutti e dovevo andarmene…
    - Cosa?! – il suo sguardo non finse stupore. – Allora non ho prove! E’ così? Non posso dimostrarti che sto dicendo la verità! – strillò in preda al panico.
    - Calmati, non agitarti. Nigel conosce il tuo volto, no? Se tu sei davvero Elaine, lui ti riconoscerà di sicuro! – le disse, prendendole le spalle e ammirando quegli occhi così belli in cui avrebbe voluto perdersi e non fare più ritorno alla realtà. Una realtà in cui lei era legata a Nigel, il suo più caro amico. Ma se fosse vero che aveva sbagliato persona?
    - Quando arriva questo Nigel? – domandò, impaziente.
    - Non so dirlo, purtroppo. – sospirò, lasciandola nuovamente andare. – Avrebbe dovuto essere già qui e ora sto cominciando a preoccuparmi sul serio anche io.
    - Cosa vorresti dire, che siamo da soli in un luogo sperduto? – chiese, con profondo timore.
    - Ma per chi mi hai preso? Questo luogo è segreto, ma non sperduto. Ci troviamo nel bel mezzo di una campagna, ma in mezz’ora si riesce ad arrivare in città. Ho il furgone parcheggiato qui fuori, quello con cui ti ho rapita. Se Nigel non dovesse arrivare entro un’ora, ti porterò via con me.
    - E dove mi vorresti portare, scusa? – ma non parve impaurita. Forse, solo un po’ diffidente.
    - A casa mia. – rivelò, infine, con un certo imbarazzo nel tono di voce.
    - A casa tua? – gli fece eco, sentendo il cuore che tamburellava nel petto. La avrebbe portata a casa sua. Lei, una perfetta sconosciuta. Ma perché? Come poteva fidarsi che, una volta libera, non avrebbe detto nulla alla polizia?
    - Sì, esatto. Nigel sa dove abito. Appena arrivati a casa mia, potrò provare a mettermi in contatto con lui, nel caso non dovesse farsi vivo mentre lo aspettiamo qui. Purtroppo in questa zona non c’è campo e non riuscirei a chiamarlo con un cellulare nemmeno se volessi, inoltre questa baita è priva di linea telefonica.
    - Non c’è corrente, quindi?
    - Non lo so. Non ho mai provato ad accendere la luce.
    - Dovrai provare, allora! – lo intimò lei. – Ormai si sta facendo buio! – aveva paura di restare da sola al buio con lui, ma non perché aveva timore di ciò che le avrebbe potuto fare. Solo che non si sentiva sicura di quel batticuore incessante che provava, ogni volta i loro occhi si incontravano. E immersi nell’oscurità, sarebbe stato peggio.
    - Non temere – sorrise. – se hai paura del buio, resterò con te.
    Ma era proprio questo che la faceva sentire inquieta.

    Dopo alcuni momenti di imbarazzante silenzio, Manuel diede vita al discorso, come fosse la cosa più naturale parlare con lei in un momento di simile attesa. Senza rendersene conto, parlarono per più di un’ora, incuranti del tempo che era passato, tanto stavano cominciando a trovarsi bene tra loro. Ma Priscilla era stanca. Gambe e braccia ormai erano prive di circolazione sanguigna ed erano diventate quasi viola. Manuel capì dalle sue smorfie di dolore mentre parlava, che non poteva più tenerla legata in quel modo.

    - Si è fatto davvero molto tardi e Nigel non è ancora arrivato. – commentò, infine. – Dobbiamo andarcene. Vuoi che ti liberi?
    - Oh, si… per favore! – supplicò, ormai esasperata di restare in quella posizione.
    - D’accordo, ma promettimi che non scapperai! – la fissò dolcemente negli occhi.
    - Hai la mia parola. – ammise con serietà, facendo comprendere a Manuel che era sincera.

    Priscilla era libera. Per farle tornare la circolazione, Manuel preparò una bacinella con acqua calda, in cui le fece immergere i piedi e con un panno imbevuto di altrettanta acqua calda, le bagnò le braccia. In breve tempo Priscilla riacquistò i sensi agli arti, ma a camminare faceva ancora fatica. Manuel la prese di peso e lei sentì il cuore impazzire nel petto. Era una sensazione travolgente e unica, che in ventidue anni di vita non aveva mai nemmeno sognato.
    Manuel l’adagiò sul sedile del passeggero nel furgone, poi si mise alla guida e partì a gran velocità verso la sua dimora.

    - Aspettami qui – le ordinò con voce cupa, una volta entrati nel salotto di casa.
    - Dove vai? – chiese, seguendolo con passi incerti, non perché non riuscisse a camminare, ma perché si trovava in un luogo mai visto prima.
    - Devo fare delle telefonate. Nigel mi dovrà molte spiegazioni! – intimò, ma la tensione di quelle parole non era rivolta a lei. – Siediti pure sul divano, o dove preferisci. Fa come se fosse casa tua. Torno subito. – disse e si dileguò dietro la porta di una stanza che probabilmente doveva fungere da studio.

    Priscilla si accoccolò sul divano e prese il cuscino che era alla sua destra, tra le braccia, stringendolo forte. Lo faceva ogni sera quando guardava la televisione a casa sua e questo le dava un senso di pace. Anche ora, nonostante si trovasse in una situazione ambigua e quella non fosse la sua dimora, si sentiva ugualmente più serena. Notò poi il telecomando della televisione che le era di fronte, appoggiato su un tavolino di vetro. Lo prese e schiacciò il pulsante d’accensione.
    Si trovò davanti le immagini del suo rapimento, avvenuto qualche ora prima. La giornalista stava dando i suoi dati all’intera città. Priscilla Huston, ventidue anni, capelli biondi e occhi verdi. Il motivo del rapimento non era stato ancora compreso e nessuno aveva chiesto un riscatto alla famiglia.
    Priscilla si sentì morire. I suoi genitori erano di sicuro in pena per lei, mentre lei era stata così ingenuamente serena solo perché al suo fianco c’era Manuel e l’unica preoccupazione che aveva avuto era quella di non guardarlo negli occhi.
    Non riuscì a trattenere le lacrime.
    Ma d’improvviso, una mano calda si posò sulla sua spalla. Priscilla sussultò e, quando volse lo sguardo all’indietro, vide quello rammaricato di Manuel che la osservava cupo.

    - Mi dispiace, ho commesso un errore terribile. – si scusò. – Potrai mai perdonarmi?
    - Manuel… - si alzò dal divano e gli andò incontro. – Non preoccuparti ora. Infondo sto bene, no? Appena mi rivedranno tornare a casa, tutto si sistemerà. – cercò di rassicurarlo, con un sorriso. – Invece tu hai sentito Nigel? Dov’è? Perché non è venuto?
    - Purtroppo non sono riuscito a rintracciarlo. Ho provato a chiamare la segretaria del presidente, il padre di Elaine, ma ha detto che non hanno visto Nigel per tutto il giorno. Nessuno sa dove sia.
    - Non capisco…
    - Nemmeno io. So solo che ti ho fatto vivere un incubo, non ti ho creduta e ti ho trascinata in questa situazione.
    - Manuel, non preoccuparti. – gli accarezzò una guancia, con sguardo comprensivo. – Tu hai agito a fin di bene.
    - Lasciami solo… - disse, scostando la sua mano, diretto nuovamente nel suo studio.

    Era notte inoltrata quando la porta d’ingresso si spalancò di scatto e Priscilla si voltò impaurita verso le due figure che avevano fatto irruzione. Un uomo che probabilmente aveva circa trent’anni e una ragazza dai bellissimi capelli biondi e dal viso molto giovane. Entrambi avevano uno sguardo di preoccupazione sul volto.

    - Nigel! – gli andò incontro Manuel, vedendo l’amico entrare in quel modo a casa sua.
    - Maledizione, sono nei guai, amico! – gli confidò Nigel, accorciando le distanze tra i due, mentre teneva per mano la ragazza al suo fianco.
    - Cosa è successo? Sei sconvolto! Vieni, siediti e raccontami tutto.

    Nigel ed Elaine si accomodarono sul divano e raccontarono la loro disavventura. Nigel aveva saputo da Elaine che quel giorno non si sarebbe potuta presentare al luogo dell’appuntamento per inscenare il rapimento, poiché il padre le aveva fissato un incontro per conoscere il futuro marito. Non potevano più aspettare, quindi avevano deciso di agire prima che fosse troppo tardi. Ma adesso le guardie personali di Elaine erano sulle loro tracce.

    - Mi dispiace di avervi coinvolto in questa storia, ragazzi. – si scusò Nigel, rammaricato per tutti gli eventi successi.
    - Non si preoccupi. – gli sorrise Priscilla, che ora cominciava a comprendere molte più cose. – Io sto bene, come può vedere. Ora bisogna pensare a voi due e a come farvi uscire da questa situazione.
    - La ringrazio, lei è molto gentile. – disse Elaine, guardandola con ammirazione e gratitudine, mentre teneva ancora stretta la mano del suo grande amore.
    - Prendi il mio furgone, Nigel! – gli ordinò Manuel.
    - Cosa?! Ma che dici? Il furgone ti serve! Tu praticamente ci vivi con quell’affare!
    - Non ti preoccupare, io venderò la tua mercedes e mi comprerò un altro furgone! – gli sorrise. – Ma fai presto! Non credo ti convenga restare qui ancora a lungo.
    - Manuel, lei è davvero sicuro…? – chiese Elaine. Anche se proveniva da una famiglia ricca, era dolce e comprensiva, molto semplice persino nel modo di vestire. Priscilla si ritrovò ad ammirarla.
    - Non sono mai stato così sicuro! Forza, andate! Ora o mai più!

    Il furgone di Manuel ripartì sgommando e i due amanti sparirono nell’oscurità della notte. Manuel si avvicinò quindi a Priscilla e le cinse la vita con un braccio, guardandola teneramente negli occhi.

    - Devo riportarti a casa, ora. Non c’è più motivo che resti qui.
    - Hai ragione. – affermò con una stretta al cuore, mentre gli occhi di lui la scrutavano con dolcezza.
    - Ti accompagno in taxi. Meglio non usare la macchina di Nigel o il piano andrà a monte!
    - Sono d’accordo. – disse con sguardo cupo e, quando Manuel si allontanò da lei per chiamare un taxi che li venisse a prendere, sospirò, guardando fuori dalla finestra, invidiando Nigel ed Elaine che avrebbero potuto coronare finalmente il loro sogno. Mentre lei avrebbe solo avuto un bel ricordo di quella notte, ma nulla più.
    - Il taxi arriverà a minuti. Vuoi bere qualcosa?
    - Si, grazie. Ho bisogno di un buon caffè. Questa è stata proprio una dura e faticosa giornata.
    - E’ vero. Vada per il caffè, allora. – ma sul suo volto non c’era nemmeno l’ombra di un sorriso.
    - Manuel, io non so niente di te. Che lavoro fai, quanti anni hai, come vivi e con chi…
    - Scusa, hai perfettamente ragione. Ebbene mi presento. Sono Manuel Cahil, ho ventisei anni, da due vivo qui a Vancouver in completa solitudine e sono un neo rappresentate di prodotti farmaceutici.
    - Accidenti, proprio un bel lavoretto! – gli sorrise con ammirazione.
    - Tu, invece, chi sei, oltre ad essere Priscilla Huston? – domandò con sincero interesse.
    - Ho ventidue anni e dipingo. Oggi, al momento del rapimento, mi sarei dovuta incontrare con una cliente che aveva deciso di comprare uno dei miei quadri più freschi. Siccome era un quadro che avevo dipinto più per me stessa, decisi che non l’avrei mai venduto, ma questa signora era piuttosto insistente e mi disse che, se ci saremmo incontrate, avremmo potuto accordarci come meglio credevo sul prezzo. E’ stato un bene che mi hai rapita.
    - Lo pensi davvero? – i suoi occhi la fissavano con intensità e si trovarono a guardarsi da vicino, come nella scena di un film, in cui il protagonista rivela alla donna che ne è pazzamente innamorato e la bacia. Ma il suono di un clacson ruppe quel meraviglioso momento.
    - Oh… il taxi… - cercò di ricomporsi da quei pensieri assurdi, mentre si dava una sistemata al cappotto e ai capelli, per essere più presentabile nel momento in cui avrebbe riabbracciato i suoi cari, dicendo loro che non era accaduto nulla, che si era trattato solo di… già, di cosa si era trattato? Di uno sbaglio, è vero. Ma se avesse raccontato la verità ai suoi genitori, i due amanti in fuga non avrebbero più avuto una copertura. Cosa avrebbe potuto dire?
    - Bene, sei pronta? – Manuel nel frattempo si era messo il soprabito e l’attendeva sulla porta.
    - Si, andiamo… - annuì prontamente, nonostante i dubbi che l’assalivano e si diresse al taxi con Manuel che la seguiva.

    Il viaggio non durò a lungo e per tutto il tempo non dissero una parola. Priscilla si sentiva un nodo alla gola. Perché quella sensazione di disagio nel tornare a casa, alla sua vita di sempre, ai suoi quadri, al suo mondo? Perché non voleva abbandonare Manuel, ora che l’aveva incontrato, seppur le circostanze non erano state le più favorevoli? L’aveva stregata con i suoi sguardi dolcissimi. Un ragazzo con uno sguardo simile non poteva essere certo una cattiva persona. Lo avevo capito dal momento in cui l’aveva stretta tra le braccia. Che sensazione indescrivibile!

    - Siamo arrivai. – disse il taxista, infine, riportandola al presente.
    - Oh… si, la ringrazio… - sorrise garbata all’uomo, per poi guardare fuori dal finestrino. – Sono arrivata… - sussurrò osservando la sua casa a pochi metri, con le luci accese. Probabilmente erano tutti in pensiero per lei.
    - Tenga il resto. – esordì Manuel con l’uomo che li aveva accompagnati.
    - Come?! – si girò di scatto Priscilla, affatto contenta che fosse lui a pagare. – Non se ne parla! Siamo venuti qui per me e sarò io a pagare! – rimproverò con lo sguardo il ragazzo seduto accanto a lei.
    - Con quali soldi? – le sorrise malizioso, ricordandole che aveva perso la borsetta. – Lascia perdere. – disse poi, riprendendo lo sguardo cupo. – Ti trovi in questa situazione a causa mia quindi è mio dovere rimediare come posso.
    - Ma…io… - non ebbe più il coraggio di contraddirlo, sapendo che aveva ragione lui. – Grazie, allora. – rivelò, scendendo dall’auto con il cuore in pezzi.

    Un momento. Perché Manuel aveva pagato il taxi? Lui ancora doveva tornare indietro! Se proprio avesse voluto pagare, lo avrebbe potuto fare una volta tornato a casa sua! Ma allora perché?
    Mentre si poneva quelle domande, udì la portiera dall’altro lato richiudersi e l’auto ripartire, allontanandosi.
    Si voltò e vide Manuel di fronte a lei, che la osservava con sguardo serio.

    - Che cosa fai? Non capisco…
    - Ti accompagno a casa.
    - Ma potevi andare via subito! – lo guardò incredula.
    - No che non potevo. – disse, accorciando le distanze tra loro.
    - Cosa… - avrebbe voluto chiedere cosa aveva in mente, ma dopo che lui immerse gli occhi nei suoi, la baciò, privandola di ossigeno e di parole.
    - Voglio chiedere la tua mano ai tuoi genitori. – le rivelò, infine, quando staccò le labbra da quelle dolci di lei.
    - Tu…? – non riusciva a credere a quelle parole. Si erano conosciuti appena!
    - Posso raccontare loro che ti ho rapita per amore e ti ho fatto una corte spietata, fino a che non hai accettato.
    - Sei matto! Non ti crederanno mai! E poi, se lo fai solo per trovare una scusa e non permettermi di raccontare la verità, sappi che non ce n’è bisogno! Avevo già pensato di dire loro che il rapitore mi ha lasciata perché ha scoperto che non ho un soldo!
    - Il problema è che al rapitore non interessano i tuoi soldi. – confessò. – Al rapitore interessi tu!
    - Ma… - cercò di replicare, trovando nuovamente le labbra di lui a contatto con le sue e, questa volta, il bacio era più intenso, più travolgente. Capì che non desiderava altro che potersi permettere quel lusso ogni volta che ne provava il desiderio e lo aveva provato dal primo momento in cui i loro occhi si erano incrociati.

    Manuel si staccò a fatica, tanta era la voglia di perlustrare la sua bocca ancora a lungo e amarla incessantemente, per assaporare quella magia. Ma era ancora presto. Il matrimonio, la promessa, i baci, le carezze, l’amore… avrebbero ottenuto tutto questo e molto altro ancora in meno di sei mesi.
    I pallidi raggi del sole che albeggiava fecero capolino dal tetto della casa di fronte. I due si scambiarono un tenero sorriso, poi, abbracciandosi, si diressero dentro casa.



    FINE



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    Saori_
    Post: 8.906
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    UTENTE Topmanga
    Grado eccelente!
    00 29/10/2009 15:10
    Wow, che storia [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836]

    Davvero un idea originale, sulla quale ci vedrei bene una storia disegnata anche *_*
    Ma come ti è venuta l'idea???

    Ma i sei mesi sono per via che viene "acchiappato"? [SM=g27831] [SM=g27828]
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    UTENTE Topmanga
    Grado 6
    00 29/10/2009 18:50

    Disegnata? Beh, si...perché no...si potrebbe provare a chiedere a Sere XD

    L'idea mi è venuta così...di getto...ho pensato a qualcosa di originale che potesse portare cambiamenti improvvisi...e mi è uscita questa.
    Ci ho messo 3 giorni a scriverla perché non riuscivo a decidermi su che lavoro far fare all'antagonista...e altre idee mi sono venute mano a mano che scrivevo.

    Il tempo finale dei sei mesi prima del matrimonio è un tempo necessario. Bisogna andare a firmare un sacco di carte, di documenti e poi stilare una lista di ospiti, scegliere il ristorante, comprare gli abiti e chi più ne ha più ne metta...sei mesi è un tempo minimo per tutte queste cose burocratiche...e poi il matrimonio in sé dura solo un giorno XD che spreco! XDXDXD

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    Saori_
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    Grado eccelente!
    00 30/10/2009 10:36
    Ahhhhhhhhhhh

    Io avevo pensato che i sei mesi fossero di reclusione [SM=g27819] [SM=g27819] [SM=g27819]
    Non avevo idea che il tempo minimo per organizzare un matrimonio fosse di sei mesi [SM=g27831]

    Ultimamente Sere passa poco però sarebbe bello se poteste fare "squadra". Chissa che bella cosa verrebbe fuori! ^_^
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    UTENTE Topmanga
    Grado 6
    00 30/10/2009 12:00

    Purtroppo se ci si vuole sposare, il tempo minimo è sei mesi...sia in comune che in Chiesa...forse in Chiesa se si è tutti e due battezzati ci si mette meno, ma ci sono comunque dei corsi di "perfetto matrimonio" da fare prima e durano un mese mi pare. Poi ci sono le carte da firmare, poi bisogna prenotare per il giorno stabilito e deve esserci anche il ristorante prenotato (a meno che non si faccia un grande buffet nel prato di famiglia, ma è una cosa rara). E per quanto riguarda la mia storia, le rispettive famiglie devono ancora conoscersi, devono accettare, capire, organizzare e tanto altro XD
    Alla fine sei mesi sono roba da ridere XD

    Comunque piacerebbe anche a me che qualcuno si mettesse a disegnare le mie storielle ^^

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