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Hiroshima, dalla visita di Obama alle pagine dei manga

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    Silvia
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    Grado Massimo!
    00 27/05/2016 21:02
    Hiroshima rappresenta sicuramente una cesura storica per il Giappone. La fine dell’impero, una costituzione democratica e pacifista di stampo occidentale e l’inizio di un percorso che negli anni ’80 lo ha portato fra le élite internazionali. Che ruolo occupa il passato nelle produzioni a fumetti?

    C’è sicuramente una ripresa della tradizione, non solo quella dell’epoca Edo ma anche di quelle precedenti. Tuttavia si assiste a un’opera di ricostruzione del passato. Per esempio, i samurai erano dei vigliacchi al soldo del signorotto di turno, erano persone spietate, non eroi senza macchia. Lo stesso vale per l’origine dei fumetti: come in altre parti del mondo, anche in Giappone sono nati sulla carta stampata a fine ‘800 e non alle stampe di epoca medievale. Eppure è forte la tendenza a dare vita a prodotti fantasiosi che innestano sulla società e la cultura giapponesi tratti che le sono etranei. Per esempio, un titolo come Detective Conan che in italia ha avuto molto successo, si basa su una realtà che in Giappone non c’è. Stiamo parlando di un Paese in cui se perdi il portafoglio per strada, lo ritrovi al commissariato più vicino con tutto il suo contenuto all’interno.

    Qual è la caratteristica delle produzioni più attuali?

    Ora si assiste a una sorta di femminilizzazione dei prodotti culturali che corrispondere all’emersione di una fetta di popolazione maschile che viene definita “erbivora”. Sono maschi, giovani, che magari non hanno mai avuto un rapporto con una ragazza e consumano prodotti come Doraemon o Creamy. In queste serie non c’è nessun contenuto impegnato come invece possiamo trovare in titoli come L’Uomo Tigre.

    Titoli come Zipang dimostrano l’ambivalenza della sensibilità giapponese sulla visione del proprio passato: da un lato, l’aspetto guerrafondaio dell’impero, dall’altro quello pacifista odierno che, nonostante le forti pressioni politiche internazionali per un cambio della costituzione e soprattutto degli articoli sulle Forze di Autodifesa, è reticente alle modifiche
    Marco Pellitteri
    Perché?

    Questo è dovuto a una frammentazione delle narrazioni. Si fa sempre meno riferimento a degli universali che possono essere riconosciuti in ogni cultura, per rispondere a una domanda di elementi pop come i tratti moe e kawai tipici della cultura di massa.

    Eppure in titoli meno noti in Italia ma diffusissimi in Giappone come Zipang si racconta di un cacciatorpediniere contemporaneo che si ritrova proiettato indietro nel tempo durante la battaglia delle isole Midway del 1942. Insomma, il passato sembra sempre tornare.

    Titoli come Zipang dimostrano l’ambivalenza della sensibilità giapponese sulla visione del proprio passato: da un lato, l’aspetto guerrafondaio dell’impero, dall’altro quello pacifista odierno che, nonostante le forti pressioni politiche internazionali per un cambio della costituzione e soprattutto degli articoli sulle Forze di Autodifesa, è reticente alle modifiche memore dell’escalation militarista del passato. Nei manga e negli anime questo è ben rappresentato dalla caratterizzazione del “cattivo” che spesso utilizza armi radiottive. È contro questa minaccia che combattono i “buoni” senza macchiarsi di una guerra sporca.

    E quanto pesa ancora l’influenza americana nella cultura giapponese?

    Sicuramente l’influenza culturale statunitense è molto forte. Ma mi sento di dire che rimane in superficie mentre, soprattutto nel campo dei fumetti, quella europea è più profonda. In Europa infatti è molto forte l’attenzione per gli aspetti emozionali dei prodotti, una caratteristica più vicina all’attitudine giapponese di vivere con maggiore consapevolezza una dimensione di interiorità che poi trova espressione in prodotti culturali come i manga e gli anime.

    www.linkiesta.it/it/article/2016/05/27/hiroshima-dalla-visita-di-obama-alle-pagine-dei-mang...







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    manuenghel
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    Sesso: Maschile
    Vice Admin
    Grado Massimo!
    00 27/05/2016 23:08
    Ottima riflessione.
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