Fear of Love

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shibaime
00lunedì 11 luglio 2005 11:43
Salve a tutti, questa è la mia prima FF su Inuyasha, quindi perdonate gli eventuali errori sulla trama o se ho scritto qualcosa di veramente impossibile! Sesshomaru è il protagonista…infatti è il mio personaggio preferito..Beh, leggete e commentate!

Prologo

Sengoku Jidaj, anno …
Nel villaggio tutto si svolgeva come sempre. I bambini giocavano nei prati, le donne lavavano i panni nel ruscello, gli uomini lavoravano la terra. La vecchia sacerdotessa del villaggio osservava lo svolgersi della giornata sulla soglia di un piccolo tempietto, soddisfatta di come stessero andando le cose in quegli ultimi anni. Lasciandosi trasportare dalla brezza del vento, spostò lo sguardo a sinistra e fu così che li vide. Una donna, un uomo e una bambina si stavano avvicinando all’ingresso del villaggio carichi di sacchi e oggetti vari. La miko osservò con più attenzione le tre figure. La donna, curva sotto il peso di un grosso sacco, non mostrava più che una trentina d’anni e sembrava di bell’aspetto. L’uomo invece, impressionando non poco la miko, non sembrava avere nessuna caratteristica comune con gli uomini orientali. Era molto alto, robusto e sembrava essere leggermente più vecchio della donna al suo fianco. Aveva la carnagione chiara, quasi lattea, e corti capelli castani che circondavano un viso asciutto e affilato. Teneva per mano la bambina, che con somma sorpresa della miko, era identica al padre. Se quello era il padre. In poco tempo i tre entrarono nel villaggio e raggiunsero la sacerdotessa, osservati da mille occhi.
“Miko-sama” disse l’uomo dai capelli chiari “Il mio lungo viaggio ha condotto me e la mia famiglia nel vostro florido e operoso villaggio. Vi chiedo, senza pretese, di ospitarci con voi in modo da poter offrire una casa fissa alla mia famiglia. In cambio, lavoreremo sodo e parteciperemo attivamente alla vita del villaggio”.
La miko osservò stupita i tre, confusa da quella richiesta. Gli abitanti avrebbero potuto diffidare degli stranieri, ma dopotutto sembravano buone persone, oneste e laboriose.
“Venite con me” rispose la sacerdotessa raggiungendo la sua capanna.

La miko si fece raccontare la storia di quel terzetto e così venne a sapere che l’uomo, Toshio, proveniva da un paese molto lontano, che aveva viaggiato per tutta la sua vita fino all’incontro con Akiko, la donna di cui si innamorò e con cui ebbe Jenna, la bambina. Jenna aveva sette anni e, stranamente, aveva ereditato in tutto e per tutto le caratteristiche del padre.
Dopo aver parlato per tutta la serata, la miko capì di potersi fidare di quella strana famiglia e permise loro di rimanere nel villaggio.
“Grazie per la vostra ospitalità miko-sama. Non se ne pentirà!” ringraziò Toshio con un mezzo inchino.
“Spero solo che la bambina venga accettata dagli altri giovani” disse la miko svelando un proprio dubbio.
“E’ una bambina forte, saprà adattarsi”. Detto questo il giovane straniero seguì il resto della famiglia, che lo aspettava in una piccola capanna che da quel momento in poi sarebbe diventata la loro casa.

Capitolo primo

“Jenna! Vieni qui, c’è del lavoro per te!”
Una miko ormai anziana osservava una giovane donna con lunghi capelli castani raggiungerla con un cesto di bacche.
“Ditemi miko-sama, cosa devo fare?”
“Per favore cara, recati nella radura dove solitamente raccogliamo le erbe e cogli qualche Fiore Giallo. Mi occorrono gli steli per curare la mula di Shinji-sama.”
“Lo farò miko-sama, intanto eccovi le bacche che vi occorrevano, le ho appena colte” La ragazza lasciò il cesto alla sacerdotessa e si diresse verso la foresta, per svolgere il nuovo compito.
La miko la osservò allontanarsi con Ichigo, una delle amiche. In effetti, l’unica amica di Jenna. Da quando era arrivata nel villaggio con la famiglia, nove anni prima, Jenna si era fatta pochissimi amici, forse a causa del suo aspetto così insolito. Talvolta la miko le chiedeva spesso se per caso si sentisse sola nel villaggio, ma Jenna rispondeva sempre di trovarsi bene, che le bastava l’amore della sua famiglia e di Ichigo, e che i commenti acidi degli altri giovani non la riguardavano. La miko non ne era del tutto convinta. Jenna era sì una ragazza forte, ma la solitudine non poteva piacerle. Tuttavia sembrava veramente che la straniera non si interessasse di ciò che gli altri pensavano di lei e che nemmeno si curasse di smentire le malignità sul suo conto.

Non molto lontano dal villaggio un gruppo costituito da un mezzodemone, tre umani, un kitsune e un demone stava camminando con passo sostenuto verso meta sconosciuta.
“Inuyasha… Sei sicuro che stiamo seguendo la strada giusta?” chiese il piccolo kitsune con voce incerta.
“Cosa ne vuoi sapere tu..! Inutile palla al piede…” ringhiò il mezzodemone.
“Inuyasha! Shippo ha fatto solo una domanda!” intervenne la ragazza con una strana divisa scolastica.
“E poi Shippo ha ragione” disse il giovane uomo vestito da monaco mentre Inuyasha guardava torvo il kitsune. “Non sappiamo dove stiamo andando”
“Forse dovremmo…” cominciò la donna con un grande boomerang, cacciatrice di demoni.
“Aspetta Sango!” la interruppe la ragazza con la divisa “Sento la presenza di un frammento della Sfera degli Shikon!”
“Dove Divina Kagome?!” chiese il monaco guardandosi attorno.
“Miroku! Falla parlare!” disse Inuyasha in tono spazientito.
Kagome chiuse gli occhi cercando di concentrarsi. Era appena percettibile, ma…
“Da quella parte!” disse decisa, indicando un punto opposto alla direzione presa da Inuyasha.
Shippo guardò l’hanyou soddisfatto, al che Inuyasha fece per colpirlo in testa, ma il piccolo kitsune fu più rapido e si aggrappò a Kagome.

Il gruppo si mosse velocemente seguendo Kagome. Era importante arrivare al più presto per non rischiare di perdere il frammento. Da moltissimo tempo ormai l’intento di Inuyasha era impossessarsi della Sfera degli Shikon prima di Naraku, essere spregevole che ne desiderava l’immenso potere per scopi malefici. Inoltre l’hanyou agognava ardentemente diventare uno youkai completo, obbiettivo raggiungibile solo attraverso la potente Sfera. Inuyasha quasi non si accorse che Kagome si era fermata e si stava guardando in giro incerta.
“Deve essere qui…Da qualche parte…” disse la ragazza a nessuno in particolare.
“Kagome stai indietro! Potrebbe essere pericoloso!” Inuyasha le atterrò dinnanzi con un balzo, pronto a proteggerla in caso di pericolo. Non lo voleva ammettere, ma da qualche tempo il pensiero di Kagome non lo abbandonava mai. Quando erano lontani, stava in ansia per lei, e quando erano insieme era la prima di cui si preoccupava. In tutta la sua vita era l’unica persona la cui opinione per lui contava. Di certo il mezzodemone tentava di nascondere questi sentimenti, che in realtà erano ben percepibili da tutti tranne che da Kagome, la quale accusava spesso Inuyasha di essere un rozzo insensibile e testardo.
In quel momento però, Kagome stava apprezzando le attenzioni che l’hanyou le rivolgeva e si sentiva lusingata.
“Guardate!” esclamò Sango indicando una radura poco distante. L’avviso di Sango fu seguito da acute urla di donna e il gruppo raggiunse preoccupato la radura. Tra gli arbusti un demone dall’aspetto umano stringeva con forza due sottili braccia appartenenti a una giovane donna con lunghi capelli castani.
“Lasciami andare! LASCIAMI!”
All’improvviso la ragazza smise di dimenarsi, il demone le stava mordendo il collo!
“E’ un demone vampiro! Fermalo Inuyasha!” gridò Miroku riconoscendo lo youkai. Erano raro incontrarne uno e quando succedeva era meglio scappare.
“Levati di mezzo bastardo! Cicatrice del ven..”
“Aspetta Inuyasha! In questo modo ucciderai anche lei!” urlò Kagome guardando la ragazza, il cui collo sanguinava copiosamente. Il demone vampiro, accortosi dei nuovi arrivati, aveva smesso di succhiare il sangue della donna e si preparò ad attaccare.
“Ancora meglio! Carne fresca!” sogghignò il demone riferendosi a Shippo e mostrando i canini macchiati di sangue.
“Stai lontano da lui e combatti!” ringhiò Inuyasha pronto a colpire. Nel frattempo Kagome era corsa dalla ragazza per soccorrerla. Fortunatamente era ancora in vita, ma aveva perso tutte le forze.
“Stai tranquilla! Ora ci siamo qui noi, andrà tutto bene!” sussurrò Kagome dolcemente.
La ragazza si toccò la ferita al collo ancora sciokkata dall’aggressione. Qualcosa di appuntito era rimasto incastrato nel punto in cui era stata morsa. Con un gesto semicosciente strappò qualcosa dalla ferita, dopodiché svenne per il dolore e lo spavento, stringendo nella mano destra un canino del demone.

Modesto dizionario giapponese:
? Youkai: demone maschio;
? Yasha: demone femmina;
? Hanyou: mezzodemone;
? Miko: sacerdotessa;
? Sama: suffisso aggiunto dopo ai nomi di persona in segno di rispetto;
? Chan: suffisso aggiunto dopo ai nomi di persona in segno di confidenza;
? Kitsune: demone volpe;
? Shikon no tama: Sfera dei Quattro Spiriti;

Allora? Come vi sembra? Beh, le cose non hanno ancora cominciato a farsi interessanti, quindi vi lascio leggere in pace! Commenti, please!!!

Capitolo secondo

Il mattino dopo, Jenna si svegliò in un letto non suo. Capiva di non trovarsi a casa, ma non riusciva a riconoscere il posto. All’improvviso si ricordò dell’aggressione e si fece per portarsi una mano al collo per toccare la ferita, ma si accorse di avere gli arti paralizzati. Non riusciva neppure a muovere la testa. “Cosa diavolo è successo…” pensò confusa e irritata. In quel momento la porta si aprì e lo spazio nella piccola stanza si ridusse ulteriormente con l’ingresso di una vecchia miko, con una benda sull’occhio.
“Vedo che ti sei svegliata. Io sono Kaede, miko di questo villaggio. Inuyasha e gli altri ti hanno portata qui per curare la ferita che ti ha inflitto quel demone vampiro” disse la miko in tono tranquillo e profondo.
“Ma dove sono? Perché non sono a casa? E chi è Inuyasha?” Jenna era sempre più confusa e voleva dei chiarimenti. Dov’erano i suoi genitori?
“Ora non è il momento di parlare. Bevi questo”
Senza attendere risposta la miko le versò in bocca un liquido scuro e fumante che provocò alla ragazza qualche colpo di tosse. Jenna fece per dire qualcosa, ma i suoi occhi diventavano sempre più pesanti, ed era così stanca…Il liquido aveva fatto effetto.

“Kaede-sama, come sta la ragazza?”
La miko era appena uscita dalla stanza in cui riposava Jenna e si accinse a rispondere alle ansiose domande di Kagome.
“Sta bene. E’ ancora piuttosto debole, ma fra poco sarà molto forte…” disse Kaede “Forse anche troppo” si disse la miko con aria pensierosa.
“Possiamo andare a trovarla?” chiese Shippo.
“Aspettate ancora un po’, poi se volete andate pure, ma la troverete…come dire…diversa” disse Kaede avvertendoli.
“Intendi forse dire guarita, vecchia?” chiese Inuyasha sbuffando.
“Lo vedrete”.
Qualche ora dopo, Kagome entrò nella stanza di Jenna con Shippo e Inuyasha. La ragazza si era svegliata e guardava il soffitto pronta a rifiutare qualsiasi altro intruglio che la miko volesse propinarle. Quando si accorse che i suoi ospiti erano altri, si mise seduta con grande fatica.
I tre la guardarono sconcertati. Quella non era più la stessa giovane che avevano salvato. Era completamente diversa! Innanzitutto, i suoi occhi non erano più grigio-azzurri, ma viola e tagliati da una sottile pupilla a mezzaluna azzurra. Le pallide mani erano adornate da lunghi e lucidi artigli neri, probabilmente molto affilati e dalle rosse labbra carnose spuntavano due lunghi canini, di un bianco splendente.
“E’..e’..UN DEMONE!” esclamò Shippo spaventato nascondendosi dietro a Kagome.
Jenna li guardò senza capire. Che avevano da agitarsi tutti quanti?
“Come abbiamo potuto non accorgercene?” si chiese Inuyasha sorpreso.
“Eppure prima non era così! Vero Inuyasha, vero?”
“Ma che stai dicendo!” disse la ragazza guardando Kagome come se stesse delirando “Io sono come te!”
“Che!?! Ma ti sei vista??” esclamò Inuyasha senza troppa delicatezza.
La ragazza, come per dimostrargli di avere torto, percorse il suo corpo a partire dai piedi. Era tutto normale! Che avevano tutti quanti? No. Non era tutto normale. Si guardò le mani strette a pugno per la paralisi temporanea. Rimase sbalordita. Artigli! Le sue belle mani munite di artigli! La ragazza cercò di alzarsi ma era ancora troppo debole. In quel momento entrò Kaede, tenendo uno specchio.
“Ve l’avevo detto che l’avreste trovata diversa” disse tranquillamente.
“Ma non ci avevi detto che era un demone!” sbraitò Inuyasha.
“Come…Come DIAVOLO E’ SUCCESSO?” disse Jenna passando da una condizione di stupore a una di rabbia. Non poteva essere vero. In quel modo la sua vita era distrutta! Prese in mano lo specchio che le tendeva Kaede e vi si riflesse. Occhi viola! Canini!
Si lasciò cadere sul letto, sconvolta. Tutti nella stanza ammutolirono.
“Allora. Cos’è successo?” chiese Jenna con una calma innaturale.
“Il demone vampiro che ti ha aggredita non ha fatto in tempo a succhiarti tutto il sangue, interrotto dall’arrivo di Inuyasha, dunque tu, a causa del suo morso, avevi ancora troppe poche energie per restare umana, ma abbastanza per trasformarti in demone vampiro. Il morso di questi youkai è contagioso.” Kaede spiegò velocemente l’accaduto, come se la rapidità del discorso avesse creato meno problemi e Jenna.
“Capisco” disse sottovoce la ragazza, o meglio, la yasha.
“Immagino che non ci sia nessun modo per tornare come prima”
Kagome guardò preoccupata Kaede. La miko scosse il capo.
“Perfetto” sospirò Jenna con una punta di amarezza “Dovrò abituarmici. Non è poi così male essere un demone no?” aggiunse rivolgendosi a Inuyasha.
“Io sono un mezzodemone” ammise un riluttante Inuyasha.
“Beh potrai stare con noi! Ci aiuterai nella ricerca della Sfera degli Shikon! A proposito…” disse Kagome abbassando il tono di voce “Sento ancora l’aura di qualche frammento…”
“E’ strano! Il demone-vampiro è scappato! Avrà di sicuro un frammento addosso! L’aura proveniva da lui, e probabilmente ha contagiato un po’ la ragazza”
Jenna non capiva di cosa stessero parlando, ma si accorse di stringere nel pugno qualcosa. Ciononostante, per qualche inspiegabile motivo, continuò a mantenere la presa.
“Sì, forse Shippo ha ragione. Forse quel demone possedeva un frammento della Sfera, ma ora non possiamo più saperlo!” sospirò Kagome.
“Come!” si intromise Jenna “E’ fuggito?”
“Già, quel bastardo si è trasformato in pipistrello ed è volato via! Se fosse stato per me l’avrei inseguito e ucciso come niente, ma dovevamo condurti qui al più presto…” disse Inuyasha deluso.
“Inuyasha! Hai una sensibilità pari a zero! Ti prego di scusarlo ehm…Ma come ti chiami?”
“Jenna”
“Piacere, io sono Kagome!”

Capitolo terzo

“Non te ne puoi andare Jenna! Hai sentito cos’ha detto Kaede-sama?” Era l’alba e Kagome cercava di convincere la yasha a rimanere nel villaggio per qualche tempo ancora.
“Kagome, ti ho già detto che sto bene, e poi devo parlare con i miei genitori!” disse la yasha tranquillamente.
“Sei ancora troppo debole! E come potrai essere accettata nel tuo villaggio ora che sei…”
“Un demone?” Jenna terminò la frase per lei. “Loro capiranno, Kagome” “Devono capire!” si disse la yasha testarda.
“Vedo che hai preso una decisione” Una nuova voce si aggiunse a quella delle due giovani.
“Monaco Miroku!” esclamò Jenna “Vi prego di salutare da parte mia Sango!”
“Sarà fatto!”
“Miroku! Ditele qualcosa!” Kagome cercava l’appoggio del monaco.
“Kagome ti ringrazio per il tuo interessamento, ma devo andare. Salutami Inuyasha e Shippo e ringrazia Kaede-sama. Vi sarò sempre riconoscente.” Detto questo la yasha si voltò e prese a incamminarsi.
“Stai attenta, mi raccomando!” le urlò dietro Kagome.
“Sono un demone ora, no? Se c’è qualcosa di positivo è la mia nuova forza!” rispose la yasha ostentando una sicurezza che però non provava. Rivolse un ultimo sguardo a Kagome, poi si allontanò sempre di più stringendo nella mano il canino di colui che l’aveva ridotta così. “Vendetta” pensò.

“Sono solo un’illusa. Come potranno accettare una figlia del genere?” Jenna aveva arrestato il suo viaggio di ritorno per riposarsi. In effetti, Kaede aveva ragione, era ancora troppo debole. La yasha voltò lo sguardo verso quella che sarebbe stata la direzione per il suo villaggio con sguardo rassegnato. “E’ inutile sperare. Un conto è avere una figlia con potere spirituale in casa, un altro è avere un demone-vampiro” pensò Jenna scuotendo la testa. Era difficile ammetterlo, ma a casa non poteva più ritornare. Anche se i genitori l’avrebbero riaccolta, possibilità alquanto inverosimile, gli altri abitanti l’avrebbero guardata con astio e disprezzo ancor più di prima. “Tutto per quel dannato demone-vampiro!” No…Non doveva piangere. Se avesse pianto si sarebbe sentita ancora più impotente e fragile di quanto già non si sentisse. Le situazioni difficili non l’avevano mai scoraggiata. Aveva sempre affrontato a testa alta i suoi problemi, determinata a risolverli nel modo più razionale possibile e questa volta non sarebbe stata altrimenti. Si alzò in piedi di scatto, con un movimento elegante, conseguenza dei nuovi poteri demoniaci e prese una direzione a caso, allontanandosi sempre di più dalla precedente meta.

Quella stessa sera, uno strano trio si era accampato nella foresta per passare la notte. Una bambina sui sette anni con un buffo codino sulla fronte reggeva una ghirlanda di fiori e rincorreva gioiosa un piccolo essere, probabilmente un demone rospo, con il chiaro intento di infilargli la ghirlanda. Poco distante un giovane youkai dalla sfarzosa armatura riposava appoggiato a un tronco d’albero, guardando distrattamente con gelidi occhi ambrati il proprio servo e la giovane umana rincorrersi. Poco dopo la bambina, soddisfatta per aver raggiunto il suo obbiettivo, si avvicinò al demone con un gran sorriso.
“Rin chiede se può andare a cogliere fiori!” disse con una vocina acuta.
Lo youkai la guardò di sfuggita. “Non ti sembra troppo tardi per andare a cogliere fiori, Rin?”
“Oh! Ma Rin promette di stare poco! Solo per dare un mazzolino a Sesshomaru-sama!”
Quella bambina non voleva mai dormire. “Puoi andare, ma non allontanarti”. Detto ciò il demone si mise a fissare il cielo, dove cominciavano a comparire le prime timide stelle.

Nel frattempo, nella foresta, una yasha di nostra conoscenza camminava silenziosamente alla ricerca di un luogo sicuro dove riposare. Già da qualche ora le sembrava di essere seguita, ma più volte aveva scacciato con irritazione il pensiero dandosi della paranoica. Purtroppo, la sua non era solo un’impressione. Un demone insetto la stava seguendo nascondendosi tra le ombre degli alberi. Improvvisamente la yasha si fermò voltandosi di scatto. Se voleva dormire tranquilla, doveva accertarsi che non vi fosse qualcuno.
“Chi c’è?” disse ad alta voce sentendosi improvvisamente impotente in quell’oscura foresta.
Dopo qualche attimo di silenzio, una voce melliflua e velata la fece voltare verso sinistra.
“Mi presento” disse la voce “Sono colui la cui attenzione è stata attirata dal frammento di Shikon no Tama che porti al collo, e per questo ti ucciderò”. Jenna non fece nemmeno in tempo a portarsi una mano al petto dove aveva legato a mo’ di collana il canino che l’aveva quasi uccisa, che il demone si avventò su di lei con velocità inattesa. La yasha tentò di spostarsi e prendere forma demoniaca, ma inciampò in una radice, ritrovandosi completamente esposta al demone. Non capiva cosa quest’ultimo volesse da lei, ma non le importava, in quel momento doveva solo salvarsi. Ma come? Non aveva mai lottato come demone! Che doveva fare? Cosa dove… La yasha gridò. Un dolore lancinante le straziò il petto. Il demone l’aveva colpita! Jenna lo allontanò con un violento calcio e cercò di correre via, ma la sofferenza era oltremisura. Grondava di sangue! Fece per portarsi una mano al petto per fermare l’emorragia, ma si pietrificò nel vedere il demone avventarsi di nuovo verso di lei con un ghigno diabolico dipinto sul viso. Aspettò l’impatto, preferendo morire che sopportare ancora quella pena. Ma l’impatto non venne. Qualcosa di bianco e apparentemente soffice volò sopra il demone e gli staccò di netto la testa, scomparendo nel cielo rapidamente così come era venuto. Dopo un unico respiro di sollievo Jenna si ricordò di essere ferita gravemente. Le forze la stavano abbandonando, il sangue le copriva tutto il corpo e, d’un tratto, il buio. Così Jenna cadde a terra senza vedere la yasha che le aveva salvato la vita allontanarsi su di un’ampia piuma.

Capitolo quarto

Sesshomaru avanzava nella foresta rapidamente. Il suo riposo era stato interrotto dal ritorno di Rin, che preoccupatissima gli aveva farfugliato qualcosa circa una bambina ferita nella foresta, ricoperta di sangue, che aveva trovato per caso mentre cercava fiori. Sesshomaru fece per dirle di non preoccuparsi quando la ragazzina gli aveva ricordato che la sconosciuta si trovava nella stessa situazione in cui lui aveva trovato Rin in fin di vita qualche tempo prima. Così, per calmare la bambina e poter passare una notte tranquilla, si era avviato con scarso interesse verso il punto indicato da Rin, affidando quest’ultima a Jaken.
Il Principe dei Demoni rallentò impercettibilmente l’andatura, prestando maggior attenzione agli odori che lo circondavano. Lo avvertiva. Avvertiva l’odore della morte mischiato a quello piuttosto debole di un’aura demoniaca. Sesshomaru si concesse un sospiro. Quella creatura che Rin aveva definito un’umana era probabilmente un demone. Ma questo non aveva importanza. Chiunque fosse, stava per morire. Sesshomaru seguì l’essenza della creatura, deciso a eliminarla del tutto. Avrebbe detto a Rin che non aveva fatto in tempo a salvarla. Giunse nel punto dove poco prima Rin stava cogliendo fiori e la vide. Non era affatto una bambina, ma una giovane donna, o meglio, yasha. Era riversa su un lato, completamente coperta di sangue e con il petto solcato da una profonda ferita. “La mia presenza qui non è più di alcuna utilità” pensò Sesshomaru con il chiaro intento di andarsene. Infatti, come dimostrava l’intenso odore di morte, la yasha era deceduta da poco e di certo questo non aveva provocato il minimo dispiacere a Sesshomaru. Mentre stava per voltarsi lo youkai si fermò di scatto. C’era qualcosa nell’aria. Un’aura molto potente… Si avvicinò al cadavere della yasha, ma ormai lei era morta. Eppure…I gelidi occhi ambrati si posarono sul petto della femmina. Sesshomaru aggrottò un sopracciglio. Al collo della yasha era legato un frammento della Sfera degli Shikon. Forse prima non l’aveva notato perché ricoperto da sangue o per la strana forma appuntita. “Questa femmina deve essere stata vinta da un avversario molto potente per essere morta nonostante l’energia di questo frammento. Oppure, era molto stupida” pensò Sesshomaru con scarso interesse. Ciononostante allungò la mano artigliata per afferrare il frammento che gli sarebbe stato utile per la conquista di Tessaiga, ma una violenta energia spedì lontano Sesshomaru che atterrò con un’elegante capriola. “Che cosa? Perché mi ha respinto?” Lo youkai si guardò la mano, calda dopo aver toccato il frammento bollente. “Probabilmente il frammento è legato a quella yasha e solo lei può portarlo” Sesshomaru si voltò leggermente infastidito. Di certo non aveva bisogno della Sfera dei 4 Spiriti per sottrarre Tessaiga a quello stupido di suo fratello. Poteva riuscirci con un solo gesto. “Tuttavia, potrei usare la ragazza per uccidere Inuyasha e prendere Tessaiga. Dopotutto un demone con un frammento della Sfera deve come minimo essere potente più di mio fratello. Non che ci voglia molto…” Sesshomaru impugnò con uno scatto Tenseiga, la spada ereditata dal padre e da sempre ripudiata. Per la seconda volta nella sua vita stava sfruttando il potere di ridare la vita tramite Tenseiga. Puntò l’arma verso il cadavere della yasha che fu avvolta da una bianca luce. Dopodiché stette ad aspettare.

“Sono morta?” Jenna aprì lentamente gli occhi e li richiuse subito. Le girava la testa e si sentiva completamente intorpidita. “E questo sarebbe l’aldilà?” La yasha cercò di mettersi in piedi e con qualche sforzo si sollevò da terra. Quel luogo non assomigliava affatto all’idea di Paradiso a cui era stata abituata sin da piccola. Troppo buio, troppi rami… “Non c’è dubbio…Sono ancora nella foresta. Ma che diamine…” Jenna si esaminò il corpo. Era ancora coperta di sangue, ma la ferita non c’era più! Impossibile! Doveva per forza essere successo qualcosa. Si guardò attorno e i suoi occhi incrociarono quelli ambrati di colui che sembrava un angelo. “Un angelo qui?” Jenna era ancora frastornata, ma se avesse guardato meglio di certo avrebbe notato che quel volto mancava di ogni emozione e tanto meno sembrava angelico.

Sesshomaru guardò con disappunto la ragazza mentre faceva ritorno dal regno dei morti. Sembrava piuttosto spaurita e lui non aveva tempo da perdere.
“Allora…Pronta?” disse con una punta di ironia.
La yasha lo guardò strano e seppur a fatica assunse una posa da combattimento. O meglio quella che credeva fosse una posa da combattimento.
“Non fare la stupida. Se volessi ucciderti l’avrei già fatto”
Jenna lo guardò freddamente. Si sentiva debole, ma non poteva permettere di essere attaccata una seconda volta.
“Chi sei?” disse fissando con occhi diffidenti lo youkai.
“Se tu fossi un vero demone lo sapresti, ma sembri piuttosto scarsa. Io sono Sesshomaru, Signore delle Terre dell’Ovest e da questo momento in poi sarò il tuo unico padrone” Sesshomaru pronunciò queste parole in fretta, non volendo perdersi in chiacchiere. Jenna pensò rapidamente. Per quel che ne sapeva, il sovrano delle Terre dell’Ovest era un demone potentissimo e crudele, che uccideva tutti coloro che lo intralciavano. E allora perché non l’aveva uccisa? Inaspettatamente Sesshomaru fece un balzo in avanti e prese con forza un polso di Jenna.
“Ehi! Lasciatemi andare subito!” Senza riflettere la yasha allungò gli artigli e sfiorò una guancia di Sesshomaru. Le pupille del demone si fecero sottili.
“Non osare attaccarmi mai più! Ricorda: io ti ho ridato la vita e io te la posso togliere. Sta a te decidere.” Jenna si liberò dalla presa del demone.
“Preferisco morire che essere schiava di un essere senza cuore!” disse caricando le parole di rabbia e disprezzo. Odiava quella vita. Tutto le appariva estraneo e tutti la volevano morta. “E va bene! Uccidetemi e basta!” pensò la yasha preda alla disperazione.
Sesshomaru non si aspettava una risposta del genere. Avvertiva rabbia e rassegnazione nella yasha, ma non pensava che avrebbe osato sfidarlo così esplicitamente. Infastidito dall’ardire della ragazza fece per impugnare Tokijin e farla finita, ma un’occhiata involontaria al frammento che portava al collo gli ricordò i suoi intenti. L’avrebbe uccisa più tardi, a compito terminato. E dopo avrebbe trovato il modo di sottrarle il frammento e utilizzarlo per un nuovo braccio sinistro.
“Stupida donna. Non sei in grado di ragionare” disse con voce atona “Ucciderò senza scrupoli te e la tua famiglia”
Sesshomaru aspettò che le sue parole facessero effetto e fu soddisfatto nel constatare che la ragazza provava ora paura oltre alla rabbia. Jenna rimase sconvolta da quelle parole. Non poteva sacrificare la famiglia! E riflettendoci, morire non era la soluzione più efficace. Doveva ancora vendicarsi di quel maledetto demone-vampiro. La yasha chinò il capo, mortificata.
“Lo considero un sì” disse Sesshomaru con un lieve sorriso sulle labbra. Lo youkai si voltò facendo un cenno alla yasha di seguirlo. Jenna lo seguì riluttante. Un’espressione malinconica e persa dipingeva il suo volto.

Capitolo quinto

I due youkai arrivarono nel punto in cui Jaken vegliava su Rin addormentata. Sesshomaru non si degnò di informare Jaken dell’accaduto e si arrampicò su un albero per riposare, mentre Jenna si era seduta poco lontano, ben decisa a non mostrare la minima sudditanza nei confronti dello youkai.
“Per ora pare che non abbia intenzione di uccidermi” pensava la yasha. “E’ meglio lasciargli credere che sia molto debole, poi, riacquistate le forze, me ne andrò”.
Jenna non aveva nessuna intenzione di stare con quei tre, sebbene la bambina sembrasse molto dolce e buona. Ricordava che prima di svenire (o morire?) per il dolore aveva intravisto quel volto paffuto, e poi il nulla. La yasha guardò l’albero su cui riposava il suo salvatore. Ma l’aveva davvero salvata? E perché? Per quel che ricordava, si era svegliata lentamente e se lo era trovato innanzi, un volto dalla nobile e fredda bellezza. Di sicuro non si poteva fidare. Sembrava essere spietato. “Non per niente è il Principe delle Terre dell’Ovest” si disse Jenna sprezzante. Improvvisamente una fugace immagine le riaffiorò nella mente. Un’ala. No…una piuma. Prima della bambina, prima di Sesshomaru. Una piuma bianca aveva attraversato la sua visuale proprio nel momento in cui, nella foresta, il demone insetto l’aveva attaccata. La yasha si alzò di scatto, vacillando leggermente per la debolezza. Si avvicinò a passi decisi all’albero su cui era appollaiato Sesshomaru e guardò in alto. Il demone non si vedeva. Che fosse quella l’occasione adatta per fuggire? Mentre Jenna si guardava intorno incerta, qualcosa di freddo le afferrò il braccio nell’incavo del gomito e la tirò in alto. In un istante, la yasha si ritrovò su un alto ramo, accovacciata di fianco allo youkai, che la guardava interrogativo e sospettoso.
“Pensavi di andartene eh?” chiese in un sibilo.
“No” disse Jenna come se l’idea non l’avesse nemmeno sfiorata.
“Voi viaggiate su di una piuma bianca, Sesshomaru-sama?” continuò la yasha tranquillamente.
“Cosa stai dicendo…Una piuma bianca hai detto?” Sesshomaru si era oscurato.
“Si”
“Dove l’hai vista?”
“Ho destato il suo interesse!” pensò Jenna.
“Mi ha salvato. O meglio, qualcosa su di essa ha ucciso il demone che mi stava attaccando e io sono sopravvissuta”
Sesshomaru tornò impassibile. “Non sei sopravvissuta, sciocca. Eri morta. Io ti ho riportata in vita.” Detto questo Sesshomaru si voltò, come a esprimere che la conversazione era chiusa. Ma Jenna la pensava diversamente.
“E perché mi avreste salvata?” chiese, in tono quasi di sfida. Da quando era demone, non aveva ancora avuto la possibilità di decidere qualsiasi cosa, non era stata nemmeno capace di morire come conveniva.
Sesshomaru si rivoltò, seccato. “Questi non sono affari che ti riguardano. Se ti dispiace così tanto, possiamo rimediare subito” Sesshomaru rimase sorpreso che quelle parole non aveva colpito la yasha. Era così coraggiosa? No…Solo una sciocca.
“Vattene ora” disse in malo modo, e si spostò. Ma la yasha non si mosse. Sesshomaru la guardò, questa volta veramente infastidito. Ma Jenna non stava guardando lui, ma il suolo, qualche metro più in basso.
Lo youkai capì, ma sembrava restio a credere a se stesso. Possibile che quella yasha non fosse in grado di saltar giù?
“Non sembri affatto un demone” detto questo Sesshomaru, con un rapido balzo, la riportò a terra e ritornò sull’albero, a riflettere sui motivi che avrebbero spinto Naraku a ordinare a Kagura di salvare Jenna.

Il mattino dopo Jenna fu svegliata dal bastone di Jaken che picchiava sul suo capo con ostinazione.
“Cosa diavolo stai facendo brutto sgorbio?!” Jenna diede un calcio al demone rospo, che subito andò a lamentarsi dal suo padrone. A Jenna non importava. Se Sesshomaru voleva punirla per aver maltrattato deliberatamente un suo servitore che facesse pure. Jenna si alzò, questa volta con meno dolori rispetto al giorno precedente, e si trovò innanzi la bambina che Sesshomaru portava con sé. “Un’altra serva? Che coraggio a schiavizzare una bimba!” Ma la bambina rideva. Sembrava felice.
“Tu starai con noi, vero? Io mi chiamo Rin. Il Signor Sesshomaru mi tiene con sé e per questo io lo ammiro tanto. Tu chi sei? Lui ti ha salvata? Come ti chiami?”
Jenna la guardò meravigliata. Possibile che una bambina di quell’età avesse già così tante cose da dire? Probabilmente Sesshomaru non era un gran interlocutore.
“Sono Jenna. Starò con voi, sì” disse la yasha “Non per molto, spero!”
“Dovresti pulirti il vestito! A Sesshomaru-sama piacciono le belle cose. Tu sei bella, ma il vestito no. C’è uno stagno da quella parte!”
“Non ti preoccupare!” aggiunse Rin notando che Jenna era dubbiosa “Qualche volta Sesshomaru-sama va via la mattina quando ancora gli uccellini non cantano e torna quando il sole è alto nel cielo”
Sperando che fosse una giornata di quel tipo, Jenna si allontanò dalla parte indicata da Rin, lanciando un sorriso alla bambina, che sembrava felice di esserle stata utile. Avrebbe fatto un bagno molto veloce.
shibaime
00lunedì 11 luglio 2005 11:44
Capitolo sesto

Jenna giunse nei pressi dello stagno e si tolse il vestito nero con le maniche a campana e la corta gonna svasata, gettandolo nell’acqua decisa a scrostare tutte le macchie di sangue rappreso che lo coprivano. Dopodiché lasciò il vestito ad asciugare e entrò nell’acqua, bassa ma pulita. La yasha si lasciò blandire dalle lievi onde dello stagno che sembravano cancellare tutti i brutti avvenimenti di quei due giorni. L’incontro con Sesshomaru, per il momento, non era considerato ne positivo ne negativo. La mente di Jenna vagava nei ricordi e si soffermò sull’incontro con Kagome e Inuyasha. Sembrava essere passato così tanto tempo! Era stati molto gentili con lei e Jenna sarebbe stata loro riconoscente per tutta la vita. Purtroppo, non li avrebbe più rivisti. Jenna guardò il paesaggio intorno a sé, figurandosi come dovesse essere vivere libera in quella selvaggia natura e immaginò ingenuamente di poter andarsene e abbandonare Sesshomaru. Per sua fortuna era abbastanza lucida da lasciar cadere quel pensiero. Occorreva sangue freddo e astuzia per fuggire. I raggi del sole che le accarezzavano il viso le ricordarono le parole di Rin, così la yasha si apprestò a uscire dall’acqua e ad asciugarsi. Giunta nel punto in cui aveva lasciato Rin, Jenna trovò ad aspettarla Sesshomaru, il quale senza guardarla le indicò con un cenno del capo la bambina e si incamminò muovendosi rapidamente seguito a ruota da Jaken. Jenna intese di dover fare da mezzo di trasporto a Rin, così prese la bambina fra le braccia e si avviò dietro a Sesshomaru, camminando lentamente per dimostrarsi ancora debole. Dopo qualche minuto Jaken si accorse della sua lenta andatura e le gridò di sbrigarsi, che il padrone non aveva tempo da perdere.
“Non trascinarti come un sacco di patate, femmina! Sesshomaru-sama non aspetta!”
Jenna lo guardò con astio. Quel rospo era davvero odioso! Tuttavia cercò di controllarsi e proseguì ancor più lentamente tanto che Sesshomaru arrestò momentaneamente il suo cammino e le tolse Rin dalle braccia, affidandola a Jaken.
“Forse così non dovrò continuamente sostare ogni due passi” le disse cinico.
La yasha non rispose, ma lo guardò con apparente trepidazione. Doveva mostrare di temerlo e assecondarlo in ogni cosa, altrimenti lui sarebbe stato assai guardingo. Come se già non lo fosse.

Mentre Jenna si sforzava di apparire timorosa e ossequiente, dietro il freddo volto di Sesshomaru mille pensieri vagavano nella sua mente, attendendo di essere esaminati nel modo più razionale e ordinato possibile. Prima di tutto, la ragazza. Di sicuro era una yasha, nonostante mantenesse le sembianze umane, ma sembrava così debole! Durante le soste del loro tragitto, si accasciava a terra quasi paresse senza forze. Eppure non c’erano dubbi, la sua aura era molto potente, non solo perché portatrice di un frammento della Shikon no tama. Inoltre non sembrava consapevole della potenza di ciò che portava al collo. In realtà sembrava ignorare qualsiasi azione tipica di uno youkai, a partire dalla sua sembianza demoniaca. Da quando Sesshomaru l’aveva incontrata, non aveva ancora capito che tipo di demone fosse. Sesshomaru abbandonò il pensiero della yasha per concentrarsi sul frammento che indossava. In qualche modo era legato a Jenna…Tale era il suo nome? Aveva udito Rin chiamarla così… Una cosa era certa: lui non sarebbe riuscito a strapparglielo, nemmeno uccidendola. All’improvviso gli venne un’idea. Inuyasha. Quel bastardo di suo fratello girava sempre con un’umana che raccoglieva i frammenti della Sfera. Lei sarebbe stata capace di impossessarsene, no? Certo, era solo un’insulsa donna, ma sembrava essere una miko. E dopo, uccisa la ragazza, avrebbe preso il frammento. Dunque… Sesshomaru guardò con la coda dell’occhi la yasha dietro di lui e fece un lieve sorriso, compiaciuto. Il suo piano non faceva una grinza. Improvvisamente cambiò direzione, intenzionato a raggiungere quel gruppo di sciocchi di cui faceva parte anche il fratello.

Quella notte i tre demoni e la bambina si fermarono in mezzo a un verde prato. Tutti si addormentarono subito, eccetto Sesshomaru, che si allontanò nella foresta per cercare di percepire l’odore del fratello. Camminava da circa mezz’ora, fingendosi concentrato nel suo cammino. In realtà aveva notato fin dal primo momento in cui aveva cominciato a essere seguito, che qualcuno lo stava spiando. Un demone. Forte, ma facilmente eliminabile. Infine, scocciato da questa presenza, si arrestò.
“Avanti, mostrati e forse non ti ucciderò” disse gelido.
“Dovresti essere più gentile con una vecchia amica, nobile Sesshomaru”
“Kagura” costatò Sesshomaru senza mostrare la benché minima sorpresa.
Una yasha dagli occhi rossi e un ventaglio in mano emerse dalle ombre, dirigendosi verso Sesshomaru.
“Vattene Kagura, la tua presenza confonde quello che sto cercando” disse quest’ultimo facendo per voltarsi.
“Ti conviene ascoltarmi Sesshomaru. Naraku non sa che sono qui” disse Kagura abbassando il tono di voce.
“Oh, qualcuno cerca la libertà… Ti ho già detto che non ambisco a liberarti e ad averti sempre tra i piedi Kagura, dunque perché insistere?”
La yasha sembrò temporaneamente ferita da quelle parole, poi con tono seccato proseguì.
“Stammi a sentire. Consegnami il frammento che custodisce quella demone che ti porti appresso e io ucciderò Naraku.”
“Allora è per questo che Kagura ha salvato la vita a Jenna” dedusse Sesshomaru.
“Non dire eresie. Un solo frammento non può niente contro Naraku e tu lo sai bene. E io che ci guadagnerei, di grazia?”
“Con i due frammenti, ucciso Naraku, prenderò per te Tessaiga. Mi sembra un’ottima offerta, Sesshomaru”
“Stolta” rispose il demone che sin dall’inizio non aveva mostrato alcun interesse alla conversazione “Il frammento per qualche oscuro motivo non può essere separato dalla ragazza. Nemmeno Naraku potrebbe riuscirci”
Kagura riflettè su quelle parole. Se ciò che diceva Sesshomaru era vero, la sua presenza lì era inutile. Ormai, avrebbe potuto rivelare tranquillamente a Naraku di aver scovato un altro frammento.
“Dunque nobile Sesshomaru, la nostra conversazione è stata vana. Ci rivedremo presto, e quella volta non sarò da sola” Detto ciò Kagura si allontanò sulla piuma bianca con la quale era arrivata.

Capitolo settimo
Quella stessa notte, Sesshomaru ritornò a dove si erano accampati gli altri quando mancavano solo due ore all’alba. Era insoddisfatto poiché non riusciva a percepire l’odore di Inuyasha. Quel bastardo doveva essere molto lontano. Inoltre, non gli era sfuggita la sottile minaccia che Kagura gli aveva lanciato prima di andarsene. La yasha non aveva gradito il suo atteggiamento di fronte alle convenienti proposte che lei gli aveva suggerito e ciò l’aveva di sicuro convinta a rivelare a Naraku dove fosse il frammento. Presto o tardi Jenna sarebbe stata attaccata e per riuscire nel suo piano occorreva che lui la difendesse. Sesshomaru increspò le labbra. In che razza di situazione si era cacciato. Forse sarebbe stato meglio lasciare la yasha al suo fatale destino e rimanere sulla propria strada. Giunto nell’immenso prato dove aveva lasciato gli altri notò la mancanza di Jenna. Se quella stupida aveva osato scappare, questa volta l’avrebbe uccisa. Invece, con sorpresa di Sesshomaru, la yasha era seduta poco lontano, su una grossa pietra, intenta a esaminarsi i capelli.
“Devi stare vicino a Rin” le disse Sesshomaru in tono imperioso.
“Non sapevo di essere la sua balia” fu il distaccato commento della yasha.
“Ora che lo sai vedi di prenderne atto, altrimenti potrei correggere il patto che abbiamo stabilito”
Jenna lo guardò indifferente e ciò fece incollerire Sesshomaru.
“Come osi essere così irrispettosa, femmina?”
“Forse perché sei solo un assassino?” “Perdonatemi. E’ solo che non riesco a dormire ultimamente”
Sesshomaru si mise ad accarezzare distrattamente la propria coda poggiata su una spalla.
“Da domani cominceremo gli allenamenti” disse senza troppo giri di parole.
“Che cosa?! Perché?”
“Sei debole” fu l’unica risposta. “Sei debole e non posso permettere che Naraku ti uccida”
“Siete sempre così prolisso come oratore, Sesshomaru-sama?” chiese la yasha con sarcasmo.
Sesshomaru si accigliò. “Mi saresti di intralcio se qualcuno ci attaccasse. Devi potenziare la tua forza, perché a quanto pare, non sei nemmeno abile a saltare” concluse beffardo lo youkai.
“E chi mai ci dovrebbe attaccarci?” “Come desiderate nobile Sesshomaru” sussurrò Jenna tornando a esaminarsi i capelli.
Sesshomaru se ne andò. Doveva mantenere la calma, altrimenti l’avrebbe uccisa. Quella yasha era così strana. Docile e mansueta un momento, aggressiva e selvaggio un altro.

Il mattino seguente Jenna fece conoscenza con Rin. Non aveva mai parlato con una bambina, in quanto tutti i bambini del villaggio in cui aveva vissuto non osavano nemmeno avvicinarsi “alla straniera”. Le sembrò subito una ragazzina vivace, forse anche un po’ troppo, rispetto alla propria indole solitaria.
“Rin è felice che tu ti sei unita a Sesshomaru-sama e Jaken!”
“Anche io sono felice Rin” Che altro avrebbe potuto dire?
“Da quanto stai con Sesshomaru-sama?” chiese la yasha cercando di capire come un demone così freddo potesse curarsi di una bambina tanto dolce.
“Rin non ricorda bene” disse la bambina scuotendo la testa “Però Rin sta bene con Sesshomaru-sama! Tu no?” aggiunse con espressione preoccupata.
Jenna non potè fare a meno di non scoppiare a ridere davanti a quel buffo visino; finalmente una risata vera, senza alcun ombra di ironia. Rin la guardò sorpresa, poi scoppiò anch’ella a ridere, ma in modo molto più gioioso rispetto alla yasha. Sesshomaru, che avanzava qualche metro innanzi, notò con un’occhiata fugace le due femmine e si congratulò con se stesso per aver portato Jenna con sé. In quel modo Rin poteva avere una compagnia migliore rispetto alla sua e a quella di Jaken.
Nel primo pomeriggio Sesshomaru si fermò improvvisamente.
“E’ qui” disse a nessuno in particolare.
Jenna lo guardò storto. Che diavolo c’era lì? Poi si guardò attorno e capì. Alberi, prati verdissimi, un laghetto e alte montagne. Era un luogo bellissimo, non eguagliava nessun posto in cui, durante l’infanzia, il padre l’aveva portata. Tuttavia mantenne uno sguardo severo e guardò Sesshomaru interrogativa.
Lui le fece un sorriso di scherno.
“Allora, vogliamo cominciare?”
“Cominci…” Jenna non fece in tempo a terminare la frase che una mano artigliata di Sesshomaru le sfiorò un braccio.
“Questa è solo un avvertimento” disse Sesshomaru sardonico. Non aveva assunto l’aspetto demoniaco, ma Jenna capì lo stesso. Avevano iniziato gli allenamenti. La yasha, per la seconda volta da quando si era trasformata, non sapeva come muoversi. Era lenta e Sesshomaru se ne era accorto, infatti per non ferirla, si limitava con noia a sfiorarla, osservando ogni suo minimo movimento. Era forte, questo si capiva, ma avrebbe potuto sfruttare la sua energia e agilità se solo si fosse velocizzata di più.
Intanto Jenna cercava di saltare, colpire, ma invano. Sesshomaru era così veloce! Certo, doveva dimostrarsi debole, ma non un’imbranata! Inaspettatamente, Sesshomaru si allontanò da lei con un balzo elegante che fece solo innervosire la yasha. “Non crederti tanto superiore!” Sesshomaru se ne accorse e la guardò compiaciuto.
“Vivendo con me non dovresti stupirti delle mie abilità” le disse noncurante.
La yasha rilanciò la provocazione:
“Volevo solo evitare di sminuirvi, la mia forza potrebbe sorprendervi Sesshomaru-sama”
“Femmina, non credermi uno stolto, so riconoscere benissimo le qualità dei combattenti e tu chiaramente non lo sei!” le disse in tono derisorio.
“Siete solo un egocentrico!” rispose la yasha cominciando ad irritarsi “Non ammettereste mai che qualcuno possa essere più forte di voi!” Jenna non si riferiva a se stessa, ma quello youkai era davvero pieno di sé!
“Bene” disse Sesshomaru mantenendo la solita fredda calma “Ti concedo due settimane di allenamento e vedremo se riuscirai a battermi”
Finalmente per Sesshomaru il gioco si stava facendo interessante, da tempo ormai non partecipava a un combattimento e le sfide lo avevano sempre attirato.
“Sarà un piacere” disse Jenna con un freddo sorriso.


Capitolo ottavo
“E così si diverte a provocarmi…” si disse Jenna dopo aver cullato meccanicamente Rin per addormentarla. “Benissimo, dopotutto quel demone vampiro era forte, no? Mi avrà trasmesso qualcosa di utile, no?” La yasha si toccò automaticamente il canino (frammento) che portava al collo. Improvvisamente un’ondata di malinconia la invase. Era vero, le mancavano i suoi genitori, ma si era autoimposta di non pensarci. Irritata, si concentrò sulla solita faccia che la luna mostrava ogni notte, respingendo i pensieri negativi aldilà di un’invalicabile barriera emotiva e provò a dormire.
Nel frattempo Sesshomaru aveva percepito nitidamente le emozioni che avevano attraversato la yasha in quegli istanti. L’effimero momento di tristezza che l’aveva avvolta era stato subito respinto dietro una fredda, ma sottile lastra di ghiaccio. Sesshomaru aggrottò un sopracciglio. Era consapevole che i propri atteggiamenti erano tutto tranne che calorosi, ma avevano contagiato già in così poco tempo la yasha? In ogni caso non era un suo problema. Tornò ad osservare la yasha, che dal respiro regolare, sembrava dormire. D’un tratto udì un suono che lo sbalordì e lo disgustò nello stesso tempo. Quella yasha…L’aveva pronunciato. Aveva pronunciato il nome di suo fratello! Che cosa significava? Sesshomaru le si avvicinò fulmineo e la scosse tanto violentemente che Jenna si svegliò subito, con una chiara espressione contrariata.
“Era la prima notte che riuscivo a dormire!” disse infastidita.
“Taci!” le intimò Sesshomaru sollevandola da terra stringendole il collo.
“Che cosa sai di Inuyasha? Perché conosci quel bastardo di mio fratello?” le disse in tono estremamente duro e con espressione furente.
Jenna si spaventò, ma cercò di non scomporsi.
“Mi state facendo male! Lasciatemi, lasciatemi e vi dirò tutto!”
“Non sei nella condizione di poter trattare sciocca!” sibilò Sesshomaru stringendo la presa. All’improvviso il frammento che Jenna portava al collo si illuminò e di nuovo, nonostante non lo stesso stringendo, la mano di Sesshomaru cominciò a scottare, tanto che lo youkai fu costretto a mollare la presa sulla yasha.
Jenna sembrava molto sorpresa dell’accaduto. “Sarà perché era di quel demone…” sussurrò senza capire.
Sesshomaru si spazientì. A quanto pareva non poteva nemmeno torcere un capello alla ragazza. Ma non doveva perdere il controllo. “Quel tuo frammento è uno strazio e tu non sei da meno! Dimmi perché conosci Inuyasha e forse non ti ucciderò” L’ultima frase era del tutto inutile, poiché Sesshomaru sapeva bene di non poterla realizzare.
Jenna lo guardò impassibile. E così non poteva farle del male, eh? Molto bene.
“Lui mi ha salvata. Al contrario di voi lui ha un cuore, a quanto pare”
“Non ti è permesso giudicarmi. Rispondi solo a ciò che ti ho chiesto” le disse lo youkai freddo.
“Era solo un sogno!” esclamò la yasha. “Lo stesso sogno di tutte le notti…” sussurrò poi, quasi a se stessa. Sesshomaru la osservò mentre si sedeva con il vestito fluttuante per il vento.
“Che sogno?” le chiese, mentre un minimo di interesse affiorava nei suoi occhi.
“Il demone, Inuyasha e io. O meglio, quella che era io” disse la yasha con sarcasmo.
“Non potresti essere meno chiara” disse Sesshomaru con un gesto spazientito.
“Ho preso da voi”
“E va bene! Ecco tutta la storia.” Soggiunse la yasha convinta dalle punte acuminate degli artigli dello youkai. “Non è rispettato, solo temuto!” “Sono stata attaccata da un demone vampiro. Ero un’umana e ora sono un demone vampiro. Anche se in realtà non mi sono mai trasformata. E vostro fratello mi ha salvata. Tutto qui”
“Come fai a sapere che è mio fratello?” chiese Sesshomaru sospettoso.
“L’avete detto prima. Ricordate? Ma perché lo odiate tanto?”
“Che?! Non lo odio. Nemmeno lo considero” ribatté Sesshomaru con aria superiore. Jenna lo guardò poco convinta.
“Voi lo odiate. So bene cosa vuol dire essere odiata e non essere considerata. Nel luogo in cui vivevo non ero considerata per il mio aspetto insolito e l’accento straniero. Forse essere odiati è meglio”
Non c’era commiserazione nella sua voce, pensò Sesshomaru. Jenna si accorse che gli occhi dello youkai la stavano trapassando da parte a parte e leggermente imbarazzata disse scherzosamente:
“Oh beh, ma non vi date pena per me!”
“Non mi sto dando pena per te” disse Sesshomaru. La sola idea di provare qualcosa per qualcuno gli era inconcepibile.
“Sì…era prevedibile”
Jenna gli fece un mezzo sorriso, cosa che sorprese il demone.

Capitolo nono
Nei giorni seguenti i due demoni si allenarono di continuo. O meglio, Sesshomaru tentava di insegnare qualcosa alla yasha, ma questa sembrava piuttosto restia ad ascoltare i suoi suggerimenti.
“Se continuerai così ti dovrò abbandonare” le disse una volta Sesshomaru. “Saresti solo d’impiccio”
“E allora lasciatemi andare no?” rispose Jenna ben consapevole che Sesshomaru non poteva farle alcun male anche se avesse deciso da sola di andarsene. Il fatto era che Jenna non se ne voleva andare. Capiva che Sesshomaru la teneva con sé per poter realizzare in un futuro prossimo, chissà quale piano. Ma questo non le impediva di voler restare. Da quando aveva scoperto che quel dente che portava al collo era una specie di protezione a qualunque attacco di Sesshomaru (già…di Sesshomaru, ma degli altri demoni?) avrebbe potuto scappare facilmente. Ma nessuno l’avrebbe più accettata e riflettendoci, Sesshomaru rimaneva un’ulteriore protezione e compagnia. Forse era per metà una serva, ma negli ultimi giorni le cose filavano meglio. Con lo youkai non parlava granchè, se non per ricevere mezzi insulti e ordini, ma con Rin passava intere ore a raccogliere fiori o a parlare. Jaken invece, era una tale seccatura! Sembrava odiarla, ma allo stesso tempo cercava di farsela amica, ma Jenna non lo considerava del tutto. Non capiva come Sesshomaru potesse fidarsi di un subdolo rospo come quello.
Durante gli allenamenti Sesshomaru incitava la yasha a impegnarsi di più. Quella femmina era esasperante. Faceva di testa sua e sembrava infischiarsene che la pazienza della youkai stesse per esaurirsi.
“Basta. Smettiamola del tutto. E’ inutile! Mi stai solo facendo perdere tempo prezioso!”
“Non è colpa mia se credete di sapere tutto voi!” ribattè la yasha con disappunto.
Sesshomaru si passò una mano sulla fronte. Jenna aveva capito che lui non poteva toccarla, dunque si permetteva di fare l’insolente.
“Io cerco di evitare che qualcuno ci ammazzi tutti, ma tu preferisci fare di testa tua. Vattene, mi hai davvero esasperato” disse Sesshomaru indifferente. Bene, poteva andarsene. Era quello che voleva, no?
Detto questo il demone si allontanò nella foresta, deciso a lasciare la yasha al suo destino.
Jenna si arrabbiò. Lei ce la metteva tutta, ma era difficile! Insomma, lui era troppo veloce per lei. Però non poteva mostrarsi debole. Doveva a tutti i costi dimostrare di sapersela cavare. Dopo aver deciso di allenarsi in segreto ogni notte, nella foresta, mentre gli altri riposavano, si diresse nel punto in cui erano rimasti Rin e Jaken, sicura di trovare anche Sesshomaru.
“Il padrone non è più qui. Ha detto che te ne devi andare. Per colpa tua devo occuparmi di quella lì” disse riferendosi a Rin.
“Dimmi dov’è andato” disse Jenna con freddezza.
“Non mi è permesso svelare i segreti del mio padrone” rispose il rospo con aria di superiorità.
Jenna perse la pazienza e sollevò il rospo afferrandolo per il tozzo collo.
“Dimmi dov’è andato, altrimenti non vivrai abbastanza per prenderti cura di quella lì” lo minacciò Jenna mentre gli occhi assumevano una sfumatura viola.
“A..a..est” balbettò Jaken spaventato. Jenna lo scaraventò lontano, disse a Rin di fare la brava e seguì l’indicazione di Jaken. Dopo un’ora di cammino lo trovò. O meglio, capì che era lui. Sesshomaru aveva assunto la sua tipica forma demoniaca, trasformandosi in un grosso cane bianco. Jenna osservò il demone muoversi nel cielo con eleganza, senza intimidirsi davanti alla sua ferocità. Si nascose dietro a una roccia, pensando he Sesshomaru non avrebbe gradito la sua presenza. Dopo qualche minuto lo youkai riassunse la sembianza umana, dando le spalle a Jenna. La yasha osservò la trasformazione affascinata. Il bel pelo candido si era ritirato, lasciando il posto a lunghi capelli d’argento e l’affusolato figura del cane rimpicciolì fino a lasciar apparire l’asciutto e muscoloso corpo di Sesshomaru. Quando il demone si girò notò che i freddi occhi color ambra era rimasti tali anche nel cane.
“Forse è ora di uscire da lì” disse la sarcastica voce di Sesshomaru.
Jenna capì di essere stata scoperta e senza esitare si mostrò davanti a Sesshomaru.
“Ho percepito il tuo odore da quando hai lasciato Jaken. Hai per caso tentato di trasformarti nella tua forma reale?” disse poi osservando gli occhi viola della yasha.
Jenna si sentì mancare. Quello sguardo penetrante era difficile da sopportare.
“Jaken mi ha infastidito. E comunque, non so quale sia la mia forma reale. Voi siete bellissimo”
”Oh no…Questo non dovevo dirlo!”
“Intendo, il cane è bellissimo”
“E’ imbarazzata?” pensò Sesshomaru. Nessuno era mai stato imbarazzato di fronte a lui, ma solo terrorizzato. Comunque era una strana sensazione. Non era sicuro che gli piacesse.
“Che sei venuta a dirmi?” chiese sbrigativo.
“Mi impegnerò, insegnatemi come volete. Non voglio andarmene” disse Jenna a testa china. Odiava sottomettersi, ma non voleva far arrabbiare Sesshomaru.
L’ultima frase sorprese non poco lo youkai. Non se ne voleva andare? E perché, di grazia? Lui l’aveva solo maltrattata e lei non se ne voleva andare. Ma che aveva? Beh, se voleva restare, meglio per lui, il suo piano sarebbe continuato.
“Puoi restare. Ma obbedirai sempre ai miei ordini. E’ chiaro?”
“Assolutamente”
Sesshomaru si aspettò dei ringraziamenti, ma la yasha stette zitta, così irritato, si sedette sulla roccia dietro cui si era nascosta Jenna e chiuse gli occhi. Quella femmina lo avrebbe angariato non poco. Tuttavia si sentiva…sollevato? Non riusciva a capire bene, ma si sentiva in pace con se stesso. Tuttavia cercò di scacciare quei pensieri concentrandosi sul sonno.

Capitolo decimo
I due demoni non tornarono subito da Rin e Jaken e la cosa non disturbò affatto Jenna. Di giorno si allenava con Sesshomaru e di notte, all’insaputa dello youkai, si allenava da sola. Sesshomaru notava i miglioramenti della yasha, ma non le concedeva nemmeno un complimento, anzi, la spronava a fare meglio.
Una sera, poco prima del tramonto, Jenna cadde a terra a pezzi.
“Non dovresti mollare così facilmente” disse Sesshomaru. Non era una critica, solo una constatazione, ma Jenna la prese diversamente.
“Non ci posso fare niente se sono un demone da solo un mese, sapete?” gli rispose acida. Si aspettò di aver irritato lo youkai, ma Sesshomaru le si sedette accanto e la fissò.
“Che..che cosa c’è?” balbettò Jenna mentre il bellissimo volto di Sesshomaru le occupava l’intera visuale.
“Ho capito subito che eri stata un’umana, e non solo per il tuo aspetto fisico, ma questo non ti deve rallentare, soprattutto ora che sei qualcosa di molto meglio”
Jenna lo guardò sbalordita. Lui le stava dicendo che essere stata morsa da quel demone vampiro era stata una fortuna?
“Ma che cosa dite?! Io amavo la mia vita! E mi è stata negata l’esistenza umana! Gli uomini non sono degli inetti, sapete?”
Sesshomaru la guardò senza capire. Quella yasha stava dicendo che preferiva essere un’umana che un demone? Che idiota.
“Non capisci. Non ti rendi conto dei vantaggi della tua condizione? Forza, potere, rispetto…”
Jenna lo interruppe. “Rispetto? Forse solo paura! Preferisco essere amata che vivere circondata da schiavi che mi temono più della morte!”
Sesshomaru percependo il riferimento nei suoi confronti cominciò ad alterarsi.
“Dunque è stato un errore salvarti! Meglio morire, no?” disse cinico.
Jenna stette zitta. Quel momento di silenzio smontò la rabbia di Sesshomaru, che si limitò a osservare la yasha.
“Prima pensai che fosse stato meglio morire che vivere come una serva al fianco di un assassino. Poi ho scoperto che la vita vale mille volte la morte, perché talvolta, le persone che ci fanno soffrire non si mostrano realmente per quel che sono”
Sesshomaru rimase colpito dalle parole e dal tono della yasha. Le piaceva forse vivere al fianco di uno spietato youkai come lui? O lo stava sminuendo ritenendolo in fondo, un debole? Se era così non poteva sopportarlo. Si alzò di scatto e disse:
“Sono solo sciocchezze”
Jenna rimase sorpresa. Lei voleva solo comunicargli che anche se era sempre freddo e distaccato, lei gradiva la sua compagnia. Ma ritenendo di averlo offeso disse:
“Non mi riferivo a voi!”
Sesshomaru però non rispose. Tuttavia si ritrovò a pensare, sorprendendo se stesso, che la yasha si riferisse davvero a lui.

Nel frattempo Jenna si era recata nella foresta, nel punto in cui si allenava da sola da ormai sette notti. Insomma, che le era preso? Dire tutte quelle cose a un demone del genere! Senza cuore e scrupoli!
“Davvero una bella mossa. Complimenti Jenna, ora ti ritiene ancora più stupida” La yasha si mise a saltare da un albero all’altro, sfruttando i rami come possibili nemici. Lui non si era nemmeno accorto che era migliorata, nonostante tutti i suoi sforzi. “Scommetto di riuscire a batterlo, in duello!” Abbatté con un taglio netto un grosso ramo, immaginando fosse Sesshomaru. Dopotutto, che gli aveva detto? Che stare con lui era uno spasso? No…Solo che le poteva andar bene vivere con un ghiacciolo! “E lui cosa fa? Si offende!” Che problema aveva? Se voleva che tutti lo odiassero, compresa lei, ci stava riuscendo benissimo! Jenna fece per spogliare un altro albero dei suoi rami, quando inciampò e atterrò malamente a terra. Imprecò mentalmente e si massaggiò il ginocchio.
“Non ti avessi mai incontrato!” disse nel silenzio della foresta. Poi rassegnandosi a esaminare in modo più razionale i suoi pensieri capì. No…Non era lui lo stupido. Era lei! Lui, con i suoi modi freddi e regali, gli occhi profondi e lo sguardo asciutto, le stava iniziando a piacere. Jenna si diede della stupida. Sesshomaru non avrebbe mai potuto ricambiare, dunque meglio troncare subito quei sentimenti. Si alzò da terra, riassettandosi il vestito e riprese l’allenamento, decisa a reprimere qualsiasi forma di simpatia nei confronti di Sesshomaru.

Mentre si allenava Jenna non si accorse di essere osservata. Sesshomaru, dopo l’accesa discussione, l’aveva vista allontanarsi da lontano e l’aveva seguita, spinto da fredda curiosità. Rimase sorpreso nel constatare l’abitudine della yasha ad allenarsi da sola. In effetti, da spettatore, notò meglio che Jenna era diventata più rapida e decisa. Il suo corpo snello si muoveva agile nell’oscurità, troncando con movimenti fluidi i rami e saltando flessuosamente da albero a albero. Sesshomaru cancellò immediatamente l’immagine avvenente della yasha. Lui non aveva mai ceduto a piaceri simili, dunque perchè cominciare adesso? I suoi pensieri furono interrotti da un rumore soffocato che proveniva da Jenna, stava cadendo. Fece ricorso al suo autocontrollo per non cedere all’impulso di soccorrerla e stette a guardare. Sentì nitidamente le parole non l’avessi mai incontrato uscire dalla bocca della yasha e le ricollegò a se stesso. Dunque lo odiava? Era riuscito a farsi odiare anche da lei? E anche se fosse? A lui che importava? Jenna era solo uno strumento da sfruttare al più presto. Mentre osservava Jenna massaggiarsi il ginocchio e rialzarsi il suo olfatto percepì un odore familiare e Sesshomaru si rabbuiò.
shibaime
00lunedì 11 luglio 2005 11:45
Capitolo undicesimo
Sesshomaru capì che un demone dagli intenti violenti stava per scagliarsi su Jenna, così senza pensarci abbandonò la sua postazione per avvertire la yasha. In quel mentre udì una voce familiare pronunciare in tono furente:
“Lame di vento!”
“Attenta!” urlò Sesshomaru scagliandosi su Jenna. Kagura! Di nuovo quella dannata! Se lo doveva aspettare.
Jenna vide l’argentea figura di Sesshomaru salvarla da morte certa e rimase un po’ confusa. Chi era quella yasha che voleva ucciderla?
Lo youkai le lanciò un’occhiata veloce e le disse perentorio:
“Jenna, stammi vicino” La yasha si stupì non poco. Era la prima volta che Sesshomaru pronunciava il suo nome! “Ti prego, dillo ancora” si ritrovò a pensare la yasha. No…quello non era il momento di perdersi in simili pensieri.
Sesshomaru guardò i cespugli da cui era stata scagliata l’energia e ne vide emergere la figura di Kagura.
Si concesse una risatina cinica e disse:
“Kagura, non puoi proprio fare a meno di girami attorno, eh?”
“Non è una visita di piacere questa, Sesshomaru. Ragazzina dammi il frammento” si rivolse poi a Jenna, che all’inizio non capì.
“Lei non si tocca, Kagura” sibilò Sesshomaru in tono minaccioso.
“Che vuoi dire Sesshomaru…Ti sei invaghito di questa sgualdrina? Non è da te sai…” La yasha non fece in tempo a finire la frase che Jenna le si avventò addosso tracciando con gli artigli una scia di sangue sul petto di Kagura.
“Che c’è…Sei forse gelosa?” disse con fredda ironia Jenna. Sesshomaru fu tentato di fermarla ordinandole di nuovo di stargli vicino, ma la yasha se la stava cavando ottimamente anche senza di lui. Le due demoni ingaggiarono un breve combattimento: Kagura cercava di afferrare il frammento, che a sua volta, più avvertiva pericolo, più energia forniva a Jenna. Infine Kagura, debole per la ferita al petto decise di andarsene, non dopo aver inflitto all’avversaria qualche ferita superficiale.
“Sei solo una sciocca” disse Kagura saltando sulla sua piuma. “Quando Naraku ti vedrà non esiterà di certo a ucciderti. E insieme a te, anche Sesshomaru”
“E ora che tu vada Kagura. Non azzardarti a tornare” disse Sesshomaru così minatorio da intimorire anche Jenna.
“Tsk” sibilò Kagura allontanandosi.
Jenna stentava a crederci. Aveva vinto…Vinto contro una yasha di quella potenza! Si sentiva pronta a sfidare il mondo intero, ma non aveva calcolato di essere molto stanca. Prima di poter dire qualcosa, vide il suolo avvicinarsi vorticosamente e mentre le forze la stavano abbandonando del tutto, sentì le forti braccia di Sesshomaru sostenerla delicatamente. Poi svenne.

Jenna si svegliò poco più tardi, leggermente indolenzita. Aveva un vago ricordo dello scontro con Kagura, ma ricordava di avere vinto. Sentiva il suo lato sinistro piuttosto infreddolito, mentre quello destro intorpidito e sprofondato in qualcosa di morbido. Volse lo sguardo da quella parte e capì di essere appoggiata sulla coda (ma era una coda?) di Sesshomaru, il quale guardava dritto davanti a sé osservando un punto lontano. Per un breve istante pensò di fingere di star ancora dormendo, per poter rimanere appoggiata a lui, ma dandosi della stupida si riscosse del tutto. All’improvviso Sesshomaru girò il capo e i due si ritrovarono a pochi centimetri di distanza.
“Vi state abituando a salvarmi sempre, eh?” disse Jenna calcolando di essere di nuovo in debito con lo youkai.
“Pronta?” chiese Sesshomaru distrattamente.
“Eh? Sì, sì…” “E che diavolo! Io tento di ringraziarlo e lui se ne sbatte!”
“Benissimo! Andiamocene!” esclamò Jenna stizzita. Fece per alzarsi ma il ginocchio su cui era caduta durante l’allenamento le cedette e si ritrovò a terra addosso a Sesshomaru, il quale rimase rigido e la aiutò a rialzarsi con fredda cortesia.
“Non sei in grado di camminare. Sali” le disse.
Jenna si sistemò il vestito, ammettendo a se stessa che sprofondare nelle braccia di Sesshomaru era davvero una bella sensazione, ma salirgli sulla schiena!
“Io dovrei…” così dicendo indicò se stessa e poi lo youkai.
“Qualche problema?” disse lo youkai cominciando a spazientirsi.
“No, no…” Jenna si fece più vicina a Sesshomaru, il quale si raccolse i lunghi capelli candidi e se li spostò su una spalla. Jenna non poté fare a meno di non ridere. Era così buffo! Sembrava una ragazza!
“Si può sapere che hai?” chiese Sesshomaru perplesso.
“Niente…” rispose la yasha trattenendosi “Siete solo un po’ strano con…con i capelli in quel modo!”
Sesshomaru non ci trovava niente da ridere, comunque sospirando fece accomodare la yasha sulla sua schiena, pronto a spiccare il balzo.

Mentre attraversavano prati e foreste, Jenna si accorse che Sesshomaru era ferito.
“Quando è successo?” gli chiese a bassa voce. Non aveva bisogno di gridare, la sua bocca era a qualche centimetro dalle orecchie di Sesshomaru.
La voce bassa e penetrante di Jenna provocò una sorta di vuoto allo stomaco di Sesshomaru, che deglutì e cercò di darsi una calmata. Si muoveva il più delicatamente possibile, per non far sobbalzare la yasha. Ma da quando aveva tanti riguardi per qualcuno? Finalmente si decise a rispondere.
“Non è niente, guarirà da solo” disse.
“Guarda che non mi stavo preoccupando per te” disse Jenna ironicamente, abbandonando il “voi”.
Lo youkai fece un sorriso divertito, cogliendo l’allusione a una loro precedente discussione. Infine decise di accantonare i propri disordinati pensieri, godendosi la sensazione delle mani di Jenna che, inconsciamente, giocherellavano con i suoi capelli e armatura.

Capitolo dodicesimo
Sia Jaken che Rin furono ben contenti di rivedere Jenna, anche se per motivi differenti. Rin saltò addosso alla yasha abbracciandola e Jaken fece un sospiro di sollievo nel constatare di poter finalmente affibbiare quella mocciosa a qualcun altro. Sesshomaru, dopo aver posto a terra la yasha, si allontanò di nuovo e quando tornò teneva in mano delle strane foglie gialle.
Jenna lo guardò interrogativa. “Che cosa sono?” chiese.
“Per il tuo ginocchio” Detto questo la fece sedere a terra e le sollevò il vestito per coprire il ginocchio con le foglie. Jenna si irrigidì. Sesshomaru la guardò in volto e vide che era leggermente arrossita. Aveva forse caldo?
“Forse è meglio che faccia io” disse Jenna con voce incerta. Improvvisamente lo youkai si accorse della gaffe e si rialzò tossicchiando. Chissà cosa aveva pensato Jenna!
“Sì..ehm. Tienile fino a sera” disse Sesshomaru brusco. Infine se ne andò lasciando Jenna ai suoi pensieri.
Le cose stavano andando meglio, decisamente, ma non poteva cedere! Sesshomaru era uno youkai feroce e senza cuore, dunque perché perdere tempo? Lei non voleva soffrire. Forse avrebbero potuto diventare amici. Sì, ma non di più. “E’ inutile che ti fai certi pensieri Jenna. Non c’è rischio che tu gli piaccia” si disse la yasha. Tuttavia il volto maledettamente bello di Sesshomaru non smetteva di turbinarle nella mente, tanto che il forte impulso di vederlo la sconcertò.
In quel mentre Sesshomaru stava appollaiato su un albero intento a comprendere meglio il suo animo. Si era accorto di essersi via via sempre più allontanato dal suo piano iniziale, infatti aveva anche interrotto la ricerca di Inuyasha. E tutto perché? Perché. Bella domanda, non lo conosceva affatto il perché, o meglio, non voleva riconoscerlo. Capiva che in qualche modo riguardava la giovane demone, ma non sapeva spiegare gli incontrollabili moti di calore che lo assalivano quando lei gli lanciava uno dei suoi rari e sarcastici sorrisi. Non era una sensazione fisica, perlopiù interiore. Aveva addirittura temuto di star seguendo le orme del padre, che aveva sposato una sciocca umana. Ma lei non è umana. Disse una voce che proveniva dal suo mondo interiore. “E con questo?” pensò Sesshomaru infastidito. E’bella, pura quanto te, continuò la voce. “Certe passioni non mi riguardano” si disse lo youkai seccato. Però a quanto pare ti riguarda la sua salute. O no? “Deve star bene per proteggere Rin”. Sono solo scuse! “Mai nessuno potrà scalfirmi! E ora silenzio!” Il tuo cuore di ghiaccio ti porterà solo solitudine. E’ questo che vuoi?
Sesshomaru si placò. Era questo quello che voleva? Vide in lontananza Jenna che riposava con la gamba stesa e ignorò totalmente l’ardore che lo avvolse. Sì, era quello che voleva.

Jaken si avvicinò al suo padrone titubante. Aveva intenzione di rivelargli i propri pensieri circa quella yasha.
“Ehm…signor padrone Sesshomaru?” chiese con voce gracchiante.
“Che vuoi Jaken?” disse lo youkai tagliente.
“Forse non è il momento adatto” pensò il rospo spaventandosi.
“Vorrei chiedere…cosa avete intenzione di fare con la ragazza?” chiese il piccolo demone rapidamente.
“Non penso siano affar tuoi Jaken. Tuttavia…avrai notato la scheggia di Shikon no Tama che porta al collo. Io non posso prenderlo.” A quel punto Jaken lo guardò come a dire il mio padrone non può farlo?! “Quel frammento mi sarebbe utile” proseguì lo youkai quasi parlando a se stesso “Solo la donna di Inuyasha, quel bastardo, è in grado di sottrarglielo. Per questo avevo intenzione di trovarlo e costringerlo a cedere alla mia richiesta, ma…” Sesshomaru si interruppe di colpo. L’odore di Jenna era vicinissimo, che avesse… Si voltò e confermando i suoi più temibili sospetti la vide.
“Davvero un piano geniale Sesshomaru. Ora che ne sono al corrente anch’io, perché non iniziare?” disse Jenna mordace. Sesshomaru rimase per un attimo incerto. Aveva sentito tutto, perché non era adirata? Sentiva solo un vuoto nella sua anima, un freddo vuoto, ma non ira.
“Che c’è, sei sorpreso? Anch’io so contenere le emozioni, sai?” continuò Jenna gelida.
“Jenna aspet…” Sesshomaru fece per zittirla.
“Ma in questo caso non c’è alcun bisogno, perché stare con te Sesshomaru, non dà niente e non provoca niente. Sei solo nulla per me. E pensare che quasi mi stavo… Addio Sesshomaru, salutami Rin”
“Fermati!” il tono perentorio di Sesshomaru non impressionò per nulla la yasha, che si stava allontanando a passi decisi.
“Come osi andartene donna, dopo quello che ho fatto per te?”
La yasha si fermò e si voltò. Il suo volto era privo di qualsiasi espressione, la versione femminile di Sesshomaru.
“Tu mi hai riportato in vita Sesshomaru, ma stare con te è stato come morire una seconda volta”
A quelle parole lo youkai provò tutte le emozioni da sempre ripudiate durante la sua vita. Delusione? Rabbia? Paura? Jenna se ne stava andando. L’unica persona con cui aveva potuto parlare e che non lo temeva scappava da lui. Era bravo solo a ferire gli altri. Con un balzo fu davanti alla yasha.
“Tu non capisci!” le disse alzando la voce.
“Io non capisco?!” Jenna perse la pazienza. Tutto l’autocontrollo che l’aveva resa così fredda e dura svanì in un istante. In preda al furore si protese verso Sesshomaru e lo baciò con violenza. Ma quello non era un bacio provato dall’amore e Jenna lo sapeva bene. Sesshomaru, che non aveva previsto una reazione simile dalla yasha, rimase rigido e non rispose al bacio. All’improvviso Jenna si staccò da lui con uno scatto e lo spinse via da sé.
“Allora Sesshomaru…” La sua voce era intrisa di cattiveria e Sesshomaru ne rimase per un attimo deluso. “Hai forse provato qualcosa?”
Lo youkai capì. La yasha si stava prendendo gioco di lui, quella era una sfida. Il suo volto fu percorso da un’espressione dura e glaciale, che non sembrò sorprendere affatto la yasha.
“Uhmf…esattamente” Il commento tagliente e crudele di Jenna fece adirare Sesshomaru. Allora era così…Lei l’aveva sempre e solo preso in giro. Quell’atteggiamento dolce e al contempo malizioso che per poco non aveva raggiunto il suo cuore gli fece ribrezzo. Se ne voleva andare? Meglio.
“Vattene…prima che ti uccida” Sesshomaru caricò quelle parole di tanta freddezza che aumentarono l’ira della yasha. E ora che voleva? Si credeva forse la vittima? Quando vide Sesshomaru sparire con un balzo, la gravità di ciò che era accaduto la invase prepotentemente e abbandonando tutta la sua insolenza e orgoglio, crollò a terra, affranta, ferita e furiosa.

Capitolo tredicesimo
“A quante pare Kagura, le cose stanno girando a mio favore” disse un mezzo spettro dai lunghi capelli neri osservando delle immagini in uno specchio retto da una bambina albina.
“Che vuoi dire Naraku?” chiese la yasha senza capire.
“Il tuo amato Sesshomaru e la sua mocciosa neodemone si sono separati. Tra loro non corre più buon sangue e questo gioca a mio assoluto favore” proseguì Naraku con un ghigno dipinto sul volto. “Sesshomaru deve essere catturato Kagura. Stenterai a crederlo ma quel bastardo di suo fratello Inuyasha non lo odia così profondamente e verrà a cercarlo, rivendicando su di sé il diritto di essere il solo a poter uccidere Sesshomaru…”
“E questo perché ti dovrebbe essere utile?” chiese Kagura non condividendo il piano del suo padrone.
“Trappola Kagura. Trappola. Non solo dopo averlo catturato, ucciderò Sesshomaru, ma anche Inuyasha. Finalmente niente più ostacoli. Dovresti essere felice per me Kagura” aggiunse il mezzo spettro con ironia. “Inoltre, sarai tu a rapire Sesshomaru”
Kagura rimase impassibile, ma dentro era sdoppiata tra il suo personale sentimento verso Sesshomaru e l’esecuzione del piano mortale di cui Naraku l’aveva resa responsabile.
“Sarà fatto, Naraku” disse freddamente.
“Ora vai e…Niente passi falsi Kagura” l’avvertì Naraku beffardo. Kagura sospirò impercettibilmente, dopodiché sparì sulla sua piuma.

Un grande cane bianco volava nel cielo. Sesshomaru cercava di calmarsi dopo l’ennesima discussione con Jenna, l’ultima discussione con Jenna. Questa volta non si sarebbero mai più rivisti, ne era certo. Nessuno si era mai preso gioco così spudoratamente di lui. Se solo non avesse avuto quel frammento a proteggerla… Tuttavia non capiva perché fosse così scosso. Quella maledetta yasha era stata solo una rovina. Fortunatamente se ne era reso conto prima di…Amarla? “No…Io non sono come mio padre” Ma lei ti manca. “E’ una stupida!” L’unica in grado di capirti. Sesshomaru tornò nella sua forma umana, amareggiato e nello stesso tempo deluso. Ma…deluso da che? “Cosa mi volevo aspettare…Nessuno con un minimo di ingegno resterebbe mai con me” Nel mondo interiore di Sesshomaru regnava la più assoluta confusione, un’altra nuova sensazione per il gelido demone. Con uno sforzo sovrumano, tentò di far luce sui suoi pensieri, senza cedere all’orgoglio. Perché le parole di Jenna erano state così dure per lui? Perché quando erano vicini i battiti del suo cuore acceleravano? Perché si sentiva così rilassato anche quando non parlavano? Sesshomaru ricordò la notte trascorsa con Jenna dopo lo scontro con Kagura. L’aveva guardata dormire per ore, prima di addormentarsi preda di un sonno piacevole e avvolgente. In quei momenti aveva notato per la prima volta la bellezza della yasha, i suoi lineamenti asciutti e le forme sinuose. Vittima di chissà quale malìa, le aveva accarezzato i lisci capelli, piacevolmente colpito dal loro profumo e morbidezza. La verità che già da qualche tempo Sesshomaru tentava di soffocare affiorò chiaramente. No, non si poteva ancora parlare di amore…ma di certo lui era attratto dalla yasha e forse anche per lei era la stessa cosa. Sesshomaru si riscosse lentamente dai suoi pensieri, infastidito per i propri sentimenti, ma al contempo sollevato. Forse avrebbero potuto ricominciare da capo. Di una cosa era certo: doveva trovarla. Cercò di percepire l’odore della yasha, ma invano. Doveva essere molto lontana. “Cerca di allontanarsi da te…” si disse Sesshomaru cinicamente.
Correva già da qualche ora, quando all’improvviso Kagura comparve davanti a lui.
“Non ho tempo da perdere Kagura, credo che ti ucciderò” sibilò lo youkai.
“Ascoltami Sesshomaru”
Qualcosa nella voce della yasha interessò Sesshomaru.
“Naraku vuole che io ti rapisca, in modo che tuo fratello ti venga a cercare per poi ucciderlo” disse Kagura a bassa voce.
“Tsk, che stupido piano, mio fratello non farebbe mai una cosa del genere”
“Invece lo farà Sesshomaru, solo per impedire che sia qualcun’altro e non lui a ucciderti”
“Perché mi stai dicendo questo Kagura?” domandò Sesshomaru in tono ancor più sospettoso del solito. La yasha fece un sorriso sarcastico.
“Morirò per quello che ti sto dicendo Sesshomaru, ma almeno salvati tu. In qualche modo Naraku saprà che l’ho tradito…Comunque, fa attenzione a Jenna. Penso che anche lei diventi una marionetta di Naraku in questa storia”
“Che c’entra Jenna?” chiese Sesshomaru perplesso.
“Naraku ti vuole uccidere e tu e Jenna siete quasi nemici ora, no? Conoscendo Naraku la sfrutterà per i suoi obiettivi, nolente o volente. Anche se credo che nel caso, Jenna acconsentirà”
“Che ne vuoi sapere tu?”
“Lei ti ama Sesshomaru, ma tu l’hai in un certo senso tradita. Non sai cosa potrebbero fare le donne innamorate…” Kagura pronunciò l’ultima frase quasi tristemente. L’amore che provava nei confronti di Sesshomaru l’avrebbe di sicuro portata alla morte, ma prima di morire, voleva salvare ciò che per lei era la cosa più importante.
Sesshomaru rimase in silenzio. Non sapeva come Kagura conoscesse tutte quelle cose, ma lo sguardo e il tono di lei lo indussero a crederle.
“Kagura apprezzo ciò che mi hai detto, anche se credo che tu sia stata una stupida e non ne comprendo il motivo…”
“Non c’è bisogno che tu comprenda. E ora…uccidimi”
“Cosa?!” Sesshomaru aggrottò la fronte. Aveva sentito bene?
“Fallo, preferisco essere uccisa da colui che stimo che da Naraku. Ti prego fallo”
“Non mi presto a certe cose Kag…”
“TI HO DETTO DI UCCIDERMI!” Kagura colpì Sesshomaru con gli artigli, sfiorandolo. Il demone decise allora di accontentarla e con un fulmineo attacco, ferì la yasha al cuore. Kagura cadde a terra sussurrando un grazie diretto a Sesshomaru.
Il demone non perse tempo a fissare il cadavere della yasha e riprese le sue ricerche. Non poteva sopportare nemmeno il pensiero che Jenna ubbidisse di sua volontà a Naraku, pronta a ucciderlo. No, non poteva essere.

Capitolo quattordicesimo
Jenna avanzava rapidamente nella notte, turbata dalla discussione avuta con quel mezzo spettro di nome Naraku. Era ricorsa a tutto il suo sangue freddo per indurlo a credere in lei. Si era presentato nascosto dietro una pelle di babbuino, cosa che sorprese la yasha. Jenna ricordò le parole del demone. “So chi ti ha ferita…per questo ti dò la possibilità di vendicarti. Scova Sesshomaru e rapiscilo, poi potrai anche ucciderlo.”
Jenna aveva subito capito che Naraku era un nemico. Nemico di Sesshomaru e quindi…nemico anche suo. Aveva accettato la proposta senza tentennamenti, ben sapendo che quella era l’unica soluzione per uscirne viva. Naraku si affidava a lei, ma sbagliava, infatti Jenna non aveva nessuna intenzione di rapire Sesshomaru, solo trovarlo, sebbene per un momento avesse davvero preso in considerazione la proposta di Naraku. Dopotutto Sesshomaru aveva bramato alle sue spalle di farla uccidere! Nonostante i sentimenti di rancore che provava verso lo youkai Jenna si sentì obbligata a cercarlo e avvisarlo del pericolo, facendo credere a Naraku di star eseguendo i suoi ordini.
Camminava tesa per la foresta cercando il gelido principe, ma non riusciva a percepire il suo odore. “Forza Sesshomaru, dove diavolo sei?” Non si accorse di essere osservata.
“Stai forse cercando me?” una gelida voce alle sue spalle provocò un brivido alla yasha. Jenna si voltò lentamente. Sesshomaru! Il suo cuore cominciò a batterle più forte e un senso di tristezza la invase. Tutto il suo rancore scomparve. Sesshomaru se ne accorse e la guardò perplesso, poi il suo sguardo ritornò duro.
“Allora…sono qui, uccidimi!” disse lo youkai provocatorio.
Jenna non capiva. Perché le stava dicendo quelle cose? Era tornato per combattere? Per punirla della sua insolenza?
“Cosa..cosa intendi dire?” gli chiese Jenna senza capire.
Il tono innocente della yasha sorprese il demone. “Stupido! Cerca di controllarti, sta solo facendo il doppio gioco!”
“Ne ho abbastanza delle tue prese in giro Jenna, sei qui per uccidermi quindi diamo un taglio alle chiacchiere”
“Ma si può sapere che diamine dici?! Io sono qui solo per avvisarti!”
Sesshomaru la fissò negli occhi. Jenna mantenne lo sguardo odiando-amando quel meraviglioso viso, poi rassegnandosi a non poter essere mai compresa dal gelido principe cominciò a parlare.
“Ascoltami Sesshomaru” disse in un tono talmente triste che la sicurezza del demone scivolò via. “So che tu non potrai mai amare qualcuno come me, perché questa è la realtà. Sono qui solo per pagare il mio debito, per salvarti la vita. Naraku vuole che io ti rapisca e poi uccida per attirare tuo fratello Inuyasha e uccidere anche lui. Ora ti ho avvisato. Fa’ ciò che vuoi”
La yasha tenne gli occhi fissi a terra. Aveva inviato un chiaro segnale dei suoi sentimenti e ora, sebbene triste, era sollevata. Si voltò e cominciò a incamminarsi.
“Dove credi di andare, stupida?” una voce profonda e beffarda fermò Jenna e irrigidì Sesshomaru. “Questa è la punizione che ti meriti per avermi tradito! Ahahah!”
Jenna vide Naraku. Che sciocca…doveva aspettarselo. Sesshomaru comprese che sia Jenna che Kagura non avevano mentito e senza pensarci si avventò su Jenna, salvandola da un attacco fatale del mezzo spettro.
“Sesshomaru-sama…mi sorprende il vostro atteggiamento verso questa sciocca. Non sarete forse…”
“Chiudi il becco Naraku. E’ proprio arrivato il momento di ucciderti!” Gli occhi dello youkai diventarono rossi e i letali artigli si allungarono. Naraku rimase impassibile attendendo l’attacco dello youkai, ma quando Sesshomaru provò a colpirlo, il mezzo spettro svanì. Sesshomaru riassunse la forma abituale, scocciato.
“Tsk…era solo un fantoccio” mormorò irritato.
“Andiamo” disse poi senza guardare la yasha, che lo seguì a capo chino. Sarebbero ritornati da Rin e Jaken? Da Inuyasha? Jenna non voleva seguirlo, ma stare con lui, nonostante il dolore di non poterlo avere, era la cosa che più le importava.
Sesshomaru non le rivolse nemmeno una parola durante il viaggio. Era troppo occupato a riflettere. Naraku li avrebbe lasciati stare, almeno per un po’. Tuttavia era meglio recarsi in un luogo sicuro, inoltre doveva anche ritornare da Rin e Jaken. Sesshomaru rimuginava su tutto, tranne sulle ultime parole di Jenna. Jenna…Troppo poco aveva pronunciato quel nome…limpido e schietto come lei. Dunque lei…forse lo amava? Sesshomaru a quel pensiero chiuse gli occhi. Era una sensazione troppo forte per un gelido youkai come lui. Si sentiva felice. Per la prima volta nella sua vita era felice. Ma cosa poteva dare a Jenna? Lui non aveva mai amato nessuno. Sesshomaru, il demone principe senza un cuore, come poteva rendere felice quella yasha che per lui era così importante? Si fermò di scatto. Sentì lo sguardo di Jenna che lo osservava, da dietro.
“Forza, seguimi” le disse mettendosi a correre. Jenna lo seguì, curiosa. Non osava nemmeno immaginare i pensieri dello youkai, non dopo tutto quello che era successo. Lui che voleva combattere, lui che la salvava per l’ennesima volta, lui che ostentava indifferenza a qualsiasi dimostrazione di affetto. E ora, lui che le ordinava di seguirlo. I due corsero per un po’ di minuti, poi Sesshomaru si fermò. Erano in posto bellissimo. Davanti a loro un’argentea cascata sgorgava dalle rocce prepotente, tuffandosi in un piccolo laghetto completamente ricoperto da ninfee bianche. La luna piena illuminava la superficie del lago, mostrandosi in tutta la sua bellezza.
Jenna esitava a proferire parola. Sesshomaru non le permetteva di comprendere le sue sensazioni, dunque non voleva essere disturbato.
“E’ inutile che cerchi di percepire le mie emozioni. Nemmeno io le capisco” le disse calmo.
“Perché Naraku vuole uccidere Inuyasha?” domandà Jenna mantenendosi fredda. Lui l’aveva salvata per l’ennesima volta, ma aveva anche avuto intenzione di ucciderla.
A quel nome Sesshomaru si rabbuiò. “Inuyasha…sempre e solo Inuyasha” Davvero Jenna lo aveva cercato per proteggerlo da Naraku o la sua vera intenzione era di risparmiare la vita a Inuyasha? Ma soprattutto…Perché si faceva di simili pensieri? A quel punto, avrebbe già dovuto uccidere Jenna e lasciare che Naraku sbrigasse da solo le sue faccende con il fratellastro.
“Non sai pensare ad altro eh?” disse Sesshomaru sorprendendosi per il tono palesemente astioso. Non voleva sembrare…cosa? Geloso forse? Di quel bastardo mezzosangue? Di quel bastardo mezzosangue che godeva di tutta l’attenzione di Jenna? Sesshomaru si passò una mano sul volto, sotto lo sguardo sorpreso della yasha. Proprio non capiva. Possibile che Jenna gli facesse quell’effetto? Che gli provocasse quelle reazioni così umane?
“Sesshomaru…io voglio solo evitare che coloro che per me sono importanti vengano uccisi da Naraku e…” Jenna si interruppe.
“E…?” la incalzò lo youkai senza pensare. “Inuyasha e quella sua stupida donna umana sono così importanti per te? Bene, allora corri a salvarli!”
Jenna cominciò ad adirarsi, poi capì che era inutile.
“Sesshomaru…” disse tristemente “è un peccato che tu non capisca…mi spiace.”
Sesshomaru la trapassò con il suo sguardo raggelante. “Cosa non capisco Jenna? COSA? Perché non mi aiuti, non vedi che ormai nei miei pensieri ci sei solo tu?”
La yasha forse si aspettava una qualche risposta, ma il demone rimase zitto, così dopo un lieve sospiro si voltò e s’incamminò.
“Dove stai andando?” chiese Sesshomaru temendo che volesse abbandonarlo.
Jenna indicò senza voltarsi la rupe dalla quale scendeva la cascata, che raggiunse saltando agilmente tra le rocce, con i lunghi capelli che si aprivano a ventaglio come dei sottili fili d’oro fluttuanti. Sesshomaru la seguì con lo sguardo, per poi immergersi nei propri pensieri ancora una volta.

Capitolo quindicesimo
Jenna stava seduta sulla nuda roccia, osservando dall’alto il piccolo lago sovrastato dalla bianca coltre di ninfee. Più volte avrebbe voluto rivelare a Sesshomaru i propri sentimenti, ma lui non era ancora pronto. Un momento preoccupato e ansioso, un momento aggressivo e freddo. Di certo qualcosa in lui era cambiato, non era più il gelido demone dall’aria imperturbabile che disdegnava qualunque forma di vita all’infuori di sé. Ma questo non significava che fosse pronto per amare e farsi amare. Jenna evitò di piangere. Era in un luogo troppo bello per perdersi nella tristezza. Dopotutto, col tempo lo avrebbe dimenticato. Era stato bello vivere con lui, imparare ad amarlo e tentare di comprenderlo, ma quel periodo era finito. Sesshomaru le aveva dato la forza necessaria per credere in se stessa e migliorarsi, niente di più. Era ora di cominciare a vivere una vita tutta sua, senza la supervisione di nessuno. Anche se lo amava… Mentre la yasha cercava di scorgere il riflesso della pallida luna nel laghetto, Sesshomaru si materializzò accanto a lei. Jenna lo guardò senza aspettarsi nulla. Non aveva nessuna voglia di pensare a quello che Sesshomaru poteva o non poteva provare. Basta. Non ne aveva l’energia. Si limitò a guardarlo, annotando ancora una volta la sua bellezza.
“Non so con quale malìa tu mi abbia stregato Jenna, non riesco a comprenderlo. Ma so che quando sono con te il mio animo è come svuotato…leggero e lieto. Stare vicino a te provoca una sensazione di eterna gioia…Qualcosa che è troppo grande da descrivere” Sesshomaru fece una pausa…Era difficile per lui trovare le parole giuste per esprimere qualcosa mai provato nella sua vita. Lo sforzo di esporre così i propri sentimenti, la sorpresa nell’accettare di avere dei sentimenti, lo rendevano insicuro e fragile per la prima volta in tutti quegli anni.
“Io non merito di essere amato…Io non posso amare. Vorrei tanto poterti rendere felice, ma sono la persona meno adatta e non credo che…”
Sesshomaru si interruppe. Jenna piangeva. Ancora una volta era riuscito a ferire l’unica creatura a cui importasse di lui, e l’unica di cui gli importasse. In quel momento si sentì spiazzato. Spiazzato e adirato.
“Lo vedi?” le disse aspro “Non riesco nemmeno a parlarti senza ferirti! Come potresti mai amarmi? DIMMELO!” Sesshomaru si sentiva impotente…Perché tutto quello che gli era caro scappava da lui? In un ultimo gesto disperato alzò Jenna da terra e la spinse senza grazia sulla parete di roccia e tentando di comunicare ciò che con le parole non era riuscito a esprimere, la baciò famelicamente sulla bocca. Jenna, dapprima sorpresa da quel gesto, ricambiò con passione il bacio, questa volta con nessun intento negativo. I due continuarono a stringersi e a scambiarsi alternativamente baci teneri e dolci e baci profondi e passionali, dimenticandosi rispettivamente di qualsiasi pensiero opprimente. Infine, quando si staccarono, Jenna sussurrò all’orecchio di Sesshomaru:
“Dimmi che mi ami”
“Io ti amo. Tu sei il mio cuore Jenna, ti prego, non lasciarmi mai”
“Sesshomaru…ti amo e non smetterò mai di amarti”
I due si accoccolarono per terra e Jenna si addormentò subito cullata dal ritmo irregolare della cascata. Sesshomaru rimase a fissarla per molto tempo, quasi spaventato dalla immensa felicità che lo invadeva. Nessuno li avrebbe divisi. Né il suo freddo orgoglio, né Naraku. Per amore di Jenna, avrebbe stipulato una tregua con Inuyasha, e insieme al fratello avrebbe trovato un modo per riuscire a fermare Naraku e dunque proteggere Jenna e il frammento a cui era legata per chissà quale motivo. Ma questo ormai non importava. Per un po’ tutto sarebbe stato tranquillo. E se qualcosa si sarebbe frapposto tra lui e Jenna, lo avrebbe eliminato a tutti i costi. Perché l’amore che lo univa a quella yasha era ormai l’unica cosa che importava nella sua vita.

THE END

E’ finita! La storia di Sesshomaru e del suo primo e unico amore termina qui. Non scriverò seguiti (come se vorreste essere ancora torturati da me) perché non amo dilungarmi troppo. In realtà questa FF è finita in anticipo: infatti ho tagliato l’ultimo incontro con Naraku in cui finalmente egli viene definitivamente sconfitto da Jenna, Sesshomaru, Inuyasha e Kagome e quando Jenna si libera del frammento che porta a collo grazie alla morte di Naraku. Infatti il frammento non poteva essere portato che da Jenna poiché sarebbe stata l’unica in grado di non utilizzarlo per nessun fine, positivo o negativo, in quanto ella non era nemmeno a conoscenza delle potenzialità del frammento. Infine con la morte di Naraku, il pericolo scompare e il frammento può tornare nelle mani di Kagome per completare la Sfera. Ecco, ora è veramente finita! Commentate please!

PS: Sesshomaru e Jenna vissero per sempre felici e contenti!!! [SM=x132403]
Shizuru117
00lunedì 11 luglio 2005 13:40
Ti ho dovuto unire i capitoli, che sennò fa confusione
shibaime
00lunedì 11 luglio 2005 17:01
grazie!![SM=g27819]
MotherMercury
00mercoledì 23 novembre 2005 15:33
W-O-W!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ciao a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!
vorrei rispondere a shibaime che ha scritto la fanfiction FEAR OF LOVE!!!
in una parola : ECCEZZIONALE!!!!!!!!! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27837]
non ho mai letto niente di simile nell'ambito delle fanfiction.. è stupenda.. sembra di leggere un romanzo!
precisa nei dettagli.. fedele agli atteggiamenti dei personaggi.. abilissima nel far comprendere i sentimenti e i pensieri dei protagonisti..fantastica a stravolgere il carattere di un personaggio come Sesshomaru e non cadere nella banalità!!
io l'ho stampata e salvata sul pc .. non ti dico che la leggo quasi tutte le sere ma........(Sesshomaru è anche il mio personaggio preferito!! [SM=g27836] )
complimenti davvero spero che scriverai presto qualcos'altro.. sei nata per essere una scrittrice dammi retta!!!!!!!!
sei grande!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! [SM=g27823]
[SM=x132410] [SM=x132410] [SM=x132410]
ciao ciao ciao!!!!!!

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