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Ecco perchè hanno preso il nobel

Ultimo Aggiornamento: 03/10/2011 18:25
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03/10/2011 18:25

MILANO - «Il premio Nobel assegnato a Beutler, Hoffmann e Steinman è meritatissimo», commenta Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'istituto Humanitas e docente dell'Università degli Studi di Milano, il più famoso immunologo italiano e lo scienziato italiano più citato nel mondo. «I tre hanno dato un contributo fondamentale alla conoscenza del sistema immunitario».

LE CELLULE DENDRITICHE DI STEINMAN- «Steinman negli anni Settanta ha descritto per primo cellule ameboidi simili a polipi (chiamate dendritiche) che campionano il microambiente e funzionano come sentinelle, cioè avvisano il sistema immunitario (in particolare i linfociti T, un tipo di globuli bianchi) a far partire la sua reazione verso gli “intrusi”». Queste cellule sono presenti sulla pelle, nell’intestino e nell’albero respiratorio. Nell’intestino, per esempio, si allungano formando una specie di periscopio attraverso le cellule del tessuto di rivestimento per “sondare” che cosa c’è nel lume intestinale. Queste cellule sono importantissime perché rappresentano il legame fra la prima linea di difesa (i fagociti) e la risposta più sofisticata, adattiva, di secondo livello. In sostanza “dicono” ai linfociti T che c’è una situazione di pericolo, in modo che questi ultimi istruiscano altre cellule, essenzialmente i linfociti B, a costruire anticorpi specifici e danno l'avvio a sistemi di difesa più sofisticati. «La scoperta di queste cellule non ha solo rivoluzionato il nostro modo di vedere la risposta immunitaria, ma sta avendo anche ricadute pratiche importanti», continua Mantovani. «Prima di tutto per i vaccini. I vaccini, infatti, sono costruiti in base all’antigene (una proteina del microorganismo da cui ci si vuole difendere ndr), ma per farli funzionare ci vuole quasi sempre qualcos’altro, una sostanza che si chiama adiuvante. E l’adiuvante usato in tutti i vaccini fin dal 1920 è stato l’idrossido di alluminio. Da allora i progressi sono stati pochi o nulli in questo campo. Le cellule dendritiche invece ci hanno dato una prospettiva nuova per guardare agli adiuvanti, che ora sono oggetto di ricerca per riattivare il sistema immunitario e sono diventati quindi una vera speranza terapeutica».


I RECETTORI DI HOFMANN E BEUTLER - Associato a questo Nobel c’è quello assegnato a Hoffman e Beutler, che si sono occupati di immunità innata. Una specialità per molto tempo negletta. «Una specie di riserva indiana» commenta Mantovani. «Fino a quando un ricercatore ora deceduto, Charlie Janeway, scrisse un articolo di immunologia teorica in cui diceva che l’attivazione dell’immunità innata mette in allarme l’immunità specifica. Cioè spiegava che un antigene, da solo, non sa dare la risposta immune, ma ha bisogno di qualcosa d’altro (l’adiuvante appunto). Secondo Janeway la prima linea di difesa faceva partire la risposta e la orientava, ma il problema era: come faceva? Come poteva “sapere” se un batterio era al suo posto o fuori posto? A dare una risposta è arrivata la scoperta di una famiglia di recettori, i “toll-like receptors”, proprio grazie ai due premiati». Hofmann lavorava sul moscerino della frutta. Toll in tedesco significa straordinario, magnifico, e il recettore Toll era stato scoperto da Nusslein Volhart, tedesca, anni prima (che prese il Nobel per tutt’altro). Hofmann ebbe il merito di capire che il recettore Toll era proprio il sensore che si andava cercando , capace di riconoscere la presenza di microbi nocivi e di attivare la risposta immunitaria innata nel moscerino della frutta. Il sistema Toll del moscerino della frutta funziona però in modo diverso nei mammiferi. A questo punto della storia interviene Beutler, che era interessato a una patologia che causa 30 mila morti all’anno, lo shock settico e da molto tempo si sapeva che c’era un ceppo di topolini che era resistente alla sepsi causata da endotossina e Beutler cercava di identificare il gene responsabile della resistenza alla sepsi in questi topolini. In questo modo ha identificato il primo dei recettori Toll nei mammiferi, chiamato Toll-like-receptor (Tlr). In parallelo un allievo russo di Janewayaveva scoperto che il recettore Toll attivava le cellule dendritiche, e qui il cerchio si chiude. «Fra l’altro Marta Muzio, una ricercatore del mio gruppo» sottolinea Mantovani, è stata la prima scoprire tutta la “cascata” del recettore nell’uomo. C’è stato un contributo molto importante in queste ricerche anche di un italoamericano, Charles Dinarello. L’intuizione che Toll poteva essere un gene di difesa è infatti basata sulla sua scoperta che l’interleukina-1 e il recettore Tlr hanno una struttura imparentata , quindi Tlr era l’elemento che poteva spiegare "il salto"»




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