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7 giugno: Gaudì viene investito da un tram

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2010 21:34
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Antoni Plàcid Guillem Gaudí i Cornet, nato il 25 giugno 1852, crebbe in una famiglia di artigiani calderai. Si diplomò nel 1878 alla Scuola Superiore di Architettura di Barcellona, ma già prima di diplomarsi riuscì a lavorare con i migliori architetti del tempo. Nello stesso anno a Parigi durante l'Esposizione Universale avvenne l'incontro fondamentale, quello con l'industriale catalano Eusebi Güell i Bacigalupi, che divenne il suo principale mecenate commissionandogli alcune delle sue più famose opere.

Nel 1884 Gaudí ottenne la direzione dei lavori del Tempio Espiatorio della Sagrada Familia, una costruzione monumentale e molto complessa, che assorbì le sue energie fino al giorno della sua morte ed è tuttora in fase di costruzione.La caratteristica principale di Gaudì,era associare l'architettura con l'arte definendole un'unica cosa. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nell'enorme cantiere della Sagrada Familia, in una solitudine quasi da eremita.
La Sagrada Familia, Barcellona

Il 7 giugno del 1926 fu investito da un tram. Il suo miserevole aspetto ingannò i soccorritori, i quali lo credettero un povero vagabondo e lo trasportarono all'ospedale della Santa Croce, un ospizio per i mendicanti fondato dai ricchi borghesi della Catalogna. Fu riconosciuto soltanto il giorno successivo dal cappellano della Sagrada Familia e morì il 10 giugno.

Nonostante questa fine quasi miserabile, al suo funerale parteciparono migliaia di persone. I Barcellonesi lo soprannominarono da quel momento "l'architetto di Dio". È sepolto nella cripta della Sagrada Familia.





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La Settimana Rossa fu un'insurrezione popolare verificatasi ad Ancona tra il 7 e il 14 giugno 1914 che si estese alla Romagna, alla Toscana e ad altre parti d'Italia, contestando una serie di riforme introdotte da Giovanni Giolitti. L'insurrezione è rimasta famosa perché i poliziotti aprirono il fuoco su dei pacifici manifestanti.

Il comizio antimilitarista convocato il 7 giugno (anniversario dello statuto), per protestare contro le "Compagnie di Disciplina", contro il militarismo, contro la guerra, e a favore di Augusto Masetti e Antonio Moroni, due militari di leva. Il primo, rinchiuso come pazzo nel manicomio criminale (aveva sparato al suo colonnello prima di partire per la guerra di Libia), e l'altro inviato in una Compagnia di Disciplina per le sue idee (era sindacalista-rivoluzionario). Essendo quella del 7 giugno una giornata piovosa, si decise di spostare il comizio alle ore 18 alla "Villa Rossa"[1] sede del partito repubblicano di Ancona. Alla presenza di circa 600 persone, repubblicani, anarchici e socialisti, parlano il segretario della Camera del Lavoro, Pietro Nenni, Pelizza, Errico Malatesta per gli anarchici e Marinelli per i giovani repubblicani. Dalla villa si decise si muovere verso la vicina piazza Roma dove si stava tenendo un concerto della banda militare.

La forza pubblica, volutamente distribuita su due ali in modo da bloccare l'accesso alla piazza e far defluire in fila indiana verso la periferia della città la folla, dopo aver avvisato i manifestanti con ripetuti squilli di tromba, iniziò a picchiare indiscriminatamente anche donne e bambini, mentre dai tetti e dalle finestre delle case furono lanciati pietre e mattoni. Alcuni colpi di pistola vennero esplosi, probabilmente da una guardia di pubblica sicurezza, i carabinieri, credendoli (secondo la loro versione) partiti dalla folla, aprirono il fuoco: spararono circa 70 colpi. Tre dimostranti furono uccisi: Antonio Casaccia di 24 anni, Nello Budini di 17 anni, repubblicani morirono all'ospedale e l'anarchico Attilio Gianbrignoni di 22 anni morì sul colpo. Vi furono anche cinque feriti tra la folla e diciassette tra i carabinieri.

Un'ondata di indignazione si sparse subito per tutta la città, mentre le forze di polizia si tenevano cautamente distanti.

Il Comitato Centrale del Sindacato dei Ferrovieri era riunito ad Ancona e su proposta di Errico Malatesta dichiarò lo sciopero di categoria, che per motivi organizzativi iniziò il 9 giugno, in concomitanza dei funerali dei manifestanti che tuttavia si svolsero in maniera abbastanza tranquilla, e in alcune regioni solo il 10. I moti dalle Marche e dalla Romagna, si propagarono in Toscana ed in altre parti d'Italia. Lo sciopero generale durò un paio di giorni, la successiva mobilitazione dell'esercito convinse il sindacato ad abbandonare la lotta.

« Furono sette giorni di febbre durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata. »




Pietro Nenni, qualche tempo dopo, disse che a volere l'eccidio a tutti i costi, fu la polizia di Ancona che lo provocò e lo premeditò in combutta con la forza reazionaria.

La rivolta fallì a causa della mancanza di unità: non c'erano organizzazioni in grado d'incanalare le forze e dare loro un programma.





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